Ambiguità nella consecutio temporum

Categorie: Semantica, Sintassi

QUESITO:

Quando è possibile non usare il trapassato prossimo? Nelle seguenti frasi, l’anteriorità non viene espressa con il trapassato ma con gli avverbi di tempo:
“Stamattina Franco mi ha detto che ieri è andato dal medico”.
“Marta ha detto che ieri è rimasta a casa tutto il giorno”.
Forse se l’avverbio di tempo esprime chiaramente la relazione dei due fatti passati non è necessario esprimerla con i tempi passati? Quindi sarebbe sbagliata la frase con il trapassato?
Nell due frasi seguenti al passato però bisogna esprimere l’anteriorità con il trapassato. Quindi non sarebbero giuste con il passato prossimo?
“A casa di Lucia ho rivisto una ragazza che avevo conosciuto qualche mese fa in discoteca”.
“Ieri Giulio mi ha reso i soldi che gli avevo prestato un mese fa”.
Nelle seguenti frasi al futuro bisogna usare il passato prossimo o il futuro anteriore? O tutto dipende dal fatto che l’azione sia già accaduta o no?
“A voce ti dirò come sono / saranno andate le cose con Franco”.
Sono andate = già di sicuro sono accadute;
saranno andate = queste cose non sono ancora avvenute.
“Se Luisa non ci vedrà alle sei, penserà che ci siamo / ci saremo dimenticati dell’appuntamento. 
“Diremo ai nostri amici che siamo / saremo dovuti restare a casa fino a quando tornerà Carlo”.
“Sergio sarà sicuro che noi abbiamo / avremo sbagliato strada”.
“Quando vedranno che il figlio è / sarà rimasto a dormire fuori, si arrabbieranno certamente.

 

RISPOSTA:

La ragione della preferenza per il passato nelle proposizioni subordinate completive nelle prime due frasi è senz’altro la vicinanza dell’evento della reggente al presente e, in più, la presenza dell’avverbio ieri nella subordinata, che instaura una relazione diretta con il presente (ovvero con il momento dell’enunciazione), non con il momento di riferimento, rappresentato dal verbo della reggente. Se modifichiamo ieri con il giorno prima, vediamo che il trapassato diviene molto meno forzato (per poterlo fare, però, dobbiamo anche spostare la principale indietro nel tempo): “L’altro giorno Franco ha detto che il giorno prima è / era andato dal medico”; “Marta ha detto che il giorno prima è / era rimasta a casa tutto il giorno”. Il passato nella completiva rimane possibile anche spostando indietro nel tempo l’evento della reggente: questo avviene perché nella reggente c’è ancora il passato prossimo, che mantiene una relazione logica con il presente. Se sostituiamo il passato prossimo con il passato remoto o con l’imperfetto, il passato prossimo nella completiva diviene quasi impossibile: “Franco disse / diceva che il giorno prima era andato dal medico”; “Marta disse / diceva che il giorno prima era rimasta a casa tutto il giorno”. 
Nelle seconde due frasi le subordinate sono relative, non completive. Le relative sono del tutto svincolate dalla consecutio temporum e prendono il tempo che serve a indicare il momento in cui è avvenuto l’evento. Il tempo usato a volte coincide con quello della consecutio (come nei suoi esempi), ma può essere diverso; ce ne accorgiamo perché possiamo usare al suo interno il passato remoto, che nella consecutio temporum non è contemplato: “A casa di Lucia ho rivisto quella ragazza di cui ti parlai qualche mese fa in discoteca”.
Nell’ultimo gruppo di frasi, infine, si può usare il passato prossimo e il futuro anteriore. La differenza è nel punto di vista da cui si guarda l’evento della completiva. Prendiamo ad esempio la prima frase (“A voce ti dirò come sono / saranno andate le cose con Franco”): se si considera il momento dell’evento della reggente (dirò) come futuro rispetto al momento dell’enunciazione (adesso) nella completiva si userà il futuro anteriore (saranno andate), se lo si considera come coincidente con il momento dell’enunciazione (dirò = adesso) si userà il passato prossimo (sono andate). In questo secondo caso, ovviamente, si fa una piccola forzatura logica, immaginando di spostarsi per un attimo nel futuro e di guardare l’evento della completiva da quel punto di vista come se fosse presente. I parlanti fanno spesso tale forzatura per semplificare la costruzione delle frasi eliminando il problema del momento di riferimento. Questa scelta comporta una conseguenza negativa: si crea ambiguità tra i punti di vista. Il passato prossimo, infatti, può riferirsi anche a un momento precedente all’evento della reggente. In “A voce ti dirò come sono andate le cose con Franco”, cioè, sono andate può essere successo prima di adesso (momento dell’enunciazione) o prima di dirò (momento di riferimento = momento dell’enunciazione). Il fatto che il passato prossimo sia più ambiguo del futuro anteriore lo rende più trascurato; spesso, però, nella comunicazione reale l’ambiguità si risolve in altri modi, per cui il passato prossimo è un’opzione valida. 
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Analisi del periodo, Coerenza
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