Che cosa succede se spostiamo “ove possibile”

Categorie: Semantica, Sintassi

QUESITO:

Vorrei sottoporvi un quesito di interpretazione semantica. Senza menzionare la legge in questione, vi cito testualmente l’articolo stranamente male interpretato (ma forse è una mia impressione):

“Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina”.

Secondo l’interpretazione collettiva di chi amministra, quell’ove possibile è interpretato in generale; giusto per enfatizzare l’interpretazione, ove possibile equivale anche a dire ‘se non piove ti autorizzo a …’.
Invece, per la conoscenza che ho io di italiano e di analisi logica il testo lo interpreto così:
‘… ha diritto a scegliere la sede di lavoro, se in quella sede non ci sono impedimenti di varia natura’.
Per interpretarla con il ‘se non piove ti autorizzo a…’, secondo me quell’ove possibile doveva essere messo subito dopo la citazione del comma, ovvero “Il lavoratore di cui al comma 3, ove possibile, ha diritto a scegliere la sede di lavoro più vicina.”; così scritta è interpretabile con ‘laddove non ci siano
impedimenti di varia natura, il lavoratore ha diritto a scegliere…’.
Secondo voi è corretta la mia interpretazione? 

 

RISPOSTA:

L’interpretazione di un articolo di legge separato dal resto del testo è rischiosa; limiterò le mie osservazioni al versante linguistico. L’espressione ove possibile (descrivibile, dal punto di vista grammaticale, come una proposizione relativa ipotetica nominale incidentale) è semanticamente molto generica, tanto da comprendere qualsiasi circostanza potenzialmente ostativa, dalle avverse condizioni atmosferiche alla mancanza di posizioni vacanti. In questi casi, ci si affida al ragionevolezza del giudice per evitare interpretazioni fedeli alla lettera ma contrarie allo spirito della legge.
L’anticipazione della proposizione incidentale da lei proposta cambia effettivamente il senso generale della frase, ma in un modo potenzialmente peggiorativo per il lavoratore: in “Il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina”, la restrizione si applica alla sede di lavoro più vicina. Si enfatizza, pertanto, la relazione tra la possibilità della scelta e la vicinanza della sede di lavoro, come a dire che il lavoratore può scegliere la sede più vicina solo se ciò è possibile (senza specificare, come detto sopra, quale possa essere la causa ostativa). Nella frase non è spiegato che cosa succeda se la sede più vicina non sia disponibile, ma il diritto di scegliere una sede è fatto salvo e può essere esercitato, presumibilmente, su un’altra sede.
In “Il lavoratore di cui al comma 3, ove possibile, ha diritto a scegliere la sede di lavoro più vicina”, la restrizione si applica al diritto: è il diritto a essere vincolato alla possibilità, non la scelta. Con questa formulazione, il diritto potrebbe non essere fatto salvo in ogni caso, ma valere solamente ove possibile. Paradossalmente, la motivazione ostativa potrebbe essere l’impossibilità di scegliere la sede più vicina; il diritto, cioè, si perderebbe del tutto (e non potrebbe essere esercitato su sedi alternative) se la sede più vicina non fosse disponibile.
Sottolineo che la differenza tra le due formulazioni è sottile; anche nel secondo caso si potrebbe argomentare che lo spirito sia da ricondurre al primo; che, cioè, ove possibile si riferisca al diritto di scegliere la sede più vicina, ma non escluda la possibilità di sceglierne altre.
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Analisi del periodo
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