QUESITO:
Sento spesso in tv, o leggo sui giornali, soprattutto nei dibattiti accesi, qualcuno che con veemenza lancia un “che lo leggesse/ro – che lo facesse/ro – che lo mangiasse/ro“ ecc. rivolto a terzi che fanno parte della discussione. In queste esortazioni il congiuntivo imperfetto mi suona male e non comprendo perché non si usi il congiuntivo presente, ad esempio: “che lo faccia/no“.
Per fugare il mio dubbio trovo in rete, sulla Treccani, una nota esplicativa che distingue il congiuntivo esortativo da quello desiderativo. Nel primo caso si dovrebbe usare il presente, nel secondo l’imperfetto. Così se parlo con una mamma che si lamenta che il proprio figlio non vuol mangiare la carne, potrei esprimermi con “che mangiasse il pesce“ che suona come un desiderio di porre rimedio a una carenza alimentare del figlio piuttosto che una esortazione. In realtà, nell’accezione con cui questi congiuntivi li sento spesso usati, mi suonano come esortazioni stizzite che tendono quasi all’imperativo. Pertanto ritengo che in questi casi si dovrebbe usare più correttamente il congiuntivo presente. Cosa ne pensate ?
RISPOSTA:
Il congiuntivo esortativo nell’italiano standard è sempre presente; quello desiderativo, o ottativo, al contrario, è imperfetto. Il congiuntivo imperfetto con funzione esortativa non è raro nell’italiano contemporaneo: possiamo considerarlo un’innovazione ormai ben acclimata, ma da riservare ancora a contesti parlati di bassa formalità.
L’uso del congiuntivo imperfetto al posto del presente è dovuto in parte alla confusione tra l’esortazione e il desiderio, ma ha soprattutto una ragione per alcuni parlanti diatopica (legata alla provenienza geografica), per altri diafasica (stilistica). Il congiuntivo presente ha subito negli ultimi due secoli un processo di sostituzione con l’indicativo presente o con il congiuntivo imperfetto nei dialetti centro-meridionali; in napoletano, per esempio, “Se ne vada” si dice “Se ne jesse” (letteralmente ‘se ne andasse’). Questa innovazione dei dialetti si riflette nell’uso dell’italiano da parte dei parlanti delle regioni in cui l’innovazione è avvenuta. Per molti di questi parlanti (almeno per quelli che hanno una familiarità limitata con l’italiano standard), pertanto, una frase come “Lo leggesse lei” è perfettamente regolare, perché ricalca la struttura del dialetto (e, al contrario, “Lo legga lei” suona male). Per costoro, la scelta del congiuntivo imperfetto ha una ragione diatopica. Non si può escludere che anche parlanti provenienti da regioni settentrionali si facciano influenzare inconsapevolmente da quest’uso e lo riproducano. Si consideri, del resto, che i parlanti delle regioni centro-meridionali rappresentano più della metà degli italofoni che vivono in Italia, quindi sono capaci di diffondere questa innovazione oltre i confini dell’area in cui è nata. Può capitare, inoltre, che parlanti consapevoli dell’uso standard scelgano di usare il congiuntivo imperfetto esortativo in alcune occasioni, per esempio un dibattito concitato, o una conversazione brillante, proprio perché percepiscono in questa forma una sfumatura regionale che la rende più espressiva, più incisiva. Per costoro la scelta ha una ragione diafasica. Ovviamente, in occasioni comunicative distese è bene tornare a usare la soluzione standard del congiuntivo presente.
Va sottolineato che i casi da lei citati sono certamente esortazioni nelle intenzioni, altrimenti sarebbero costruiti senza che: “Che lo leggesse” è senz’altro un’esortazione, “Lo leggesse” potrebbe essere ancora un’esortazione, nei termini spiegati sopra (“Lo leggesse lei, se proprio ci tiene”), oppure un desiderio (“Lo leggesse mio figlio… Ma quello pensa soltanto ai videgiochi!”). Allo stesso modo, il suo esempio “Che mangiasse il pesce” non è credibile come espressione di un desiderio, ma è ancora un’esortazione; il desiderio potrebbe essere espresso con “Mangiasse il pesce”, o, a seconda del contesto, “Mangiasse almeno il pesce” o simili.
Fabio Ruggiano