QUESITO:
“Verrò a prenderti, quando (una volta che) fossi uscita dal lavoro”: la subordinata fossi uscita dal lavoro, sempre che sia valida, ha valore meramente ipotetico (irrealtà) oppure, rispetto a uscissi dal lavoro, indica che l’azione viene considerata, nella sua eventualità, già conclusa?
La frase “Verrò a prenderti, quando / una volta che uscissi dal lavoro” è ugualmente valida?
“Mi sarei arrabbiato più di quanto ti aspettassi / ti fossi aspettato / ti saresti aspettato”:
ti aspettassi = contemporaneità;
ti fossi aspettato = anteriorità;
ti saresti aspettato = posteriorità. La mia interpretazione è giusta?
RISPOSTA:
Le due sfumature convergono in una: il congiuntivo trapassato all’interno della proposizione temporale-ipotetica esprime sia un’ipotesi improbabile, sia un evento che avviene prima di un altro (verrò). La costruzione della frase è certamente insolita e un po’ forzata, ma possibile. La variante con il congiuntivo imperfetto (uscissi) è più facile da giustificare, perché l’imperfetto stride meno del trapassato in rapporto al futuro. Volendo rappresentare l’improbabilità dell’evento si potrebbe usare la strategia lessicale: “Verrò a prenderti nella remota eventualità che uscissi dal lavoro”. Si ricordi che uscissi e fossi uscita valgono per la prima persona; se il soggetto è tu bisogna esplicitarlo, per evitare ambiguità.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, l’analisi è giusta; si tratta, ovviamente, di rapporti temporali rispetto al passato.
Fabio Ruggiano