Il pronome “ci” serve o non serve?

Categorie: Morfologia, Semantica

QUESITO:

Vorrei sapere gentilmente se la particella ci talvolta sia superflua e dunque trascurabile.
1) (Ci) tengo a precisare che…
2) La notizia (ci) ha commosso / commossi tutti.
3) Dentro la casa, (c’)è uno splendido affresco.
Infine, permettetemi una domanda collaterale: ci con valore pronominale, riferito a terza persona sia singolare che plurale, è corretto?
4) Sono diversi anni che non ci parlo (vale a dire che non parlo a lui / lei oppure a loro).

 

RISPOSTA:

Il pronome atono ci risulta a volte non chiaramente decifrabile, eppure necessario per completare il senso della frase. Sebbene tenere a possa significare ‘avere a cuore’, tenerci a veicola una maggiore partecipazione emotiva del soggetto (un po’ come mangiarsi un panino rispetto al neutrale mangiare un panino). Addirittura, nel verbo esserci ‘trovarsi, stare in un luogo’, la particella è del tutto desemantizzata, tanto che spesso ne ribadiamo il senso con un complemento di luogo. Succede nella sua terza frase, in cui troviamo sia dentro la casa sia ci. Sebbene la particella non abbia un significato specifico, però, non possiamo eliminarla, perché esserci è del tutto cristallizzato e i suoi componenti non possono essere più separati: la variante dentro la casa è un affresco è al limite dell’accettabilità (pochi parlanti nativi la considererebbero corretta). 
Il suo secondo esempio si distingue dagli altri, perché in esso ci è un pronome personale, la cui presenza modifica chiaramente la frase: 
ha commosso tutti = ‘ha commosso tutte le persone’;
ci ha commosso tutti = ‘ha commosso tutti noi’.
Ci in parlarci, infine, pronominalizza con lui / lei / loro, quindi “Non voglio parlarci” = ‘non voglio parlare con lui / lei / loro’. A lui / loro è pronominalizzato da parlarglia lei da parlarle.
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Accordo/concordanza, Analisi logica, Pronome, Scritto-parlato-mediato
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