QUESITO:
Vi sarei grato se mi deste alcune indicazioni utili sulla composizione di comunicazioni formali. Innanzitutto vi domando quale formula sia da preferire tra io sottoscritto e il sottoscritto. Mi pare che le due soluzioni convivano. Ho sempre preferito la seconda, malgrado tuttora mi generi una qualche esitazione in termini di concordanza.
Credo che tutte le parti variabili del discorso che sono declinate in base al genere e al numero e siano riferibili al sottoscritto (verbi, aggettivi) debbano muovere dalla terza persona. Tutto ciò alle volte risulta innaturale, considerando che lo scrivente si riferisce a sé stesso.
Resta (?) in attesa di un riscontro.
Porge (?) distinti saluti.
Questi sono solo alcuni esempi critici; ma in una comunicazione mediamente lunga i motivi di incertezza possono essere numerosi.
Domando inoltre se esista un’alternativa alla ripetizione del sostantivo sottoscritto durante la stesura: è possibile usare il pronome egli (o ella in caso di sottoscritta)?
E un’ultima cosa, che prescinde dalla concordanza: nella chiusa delle comunicazioni formali non è raro trovare ringraziamenti per l’attenzione o il tempo dedicati. Quelle di seguito proposte sono tutte e cinque ammissibili?
Grazie per l’attenzione che mi dedicherete/dedicherà.
Grazie per l’attenzione che vorrete/vorrà dedicarmi.
Grazie per l’attenzione che vogliate/voglia dedicarmi.
Grazie per l’attenzione che mi avete/ha dedicata.
Grazie per l’attenzione che mi è stata dedicata.
RISPOSTA:
La comunicazione scritta del tipo da lei indagato è talmente formale da essere formalizzata, cioè popolata di espressioni cristallizzate, che la configurano come ingessata e, per certi versi, come inelegante. Il primo punto critico è propio la formula di responsabilità, che, come già rilevato da lei, può essere Il sottoscritto / La sottoscritta + nome o Io sottoscritto / Io sottoscritta + nome.
La prima variante è quella più tradizionale; fa riferimento alla firma in calce, alla quale si demanda la dichiarazione della responsabilità sul contenuto della comunicazione, come se si dicesse ‘Quel Fabio Ruggiano che ha firmato questo scritto’. Porta con sé, però, la stranezza di dover continuare tutto lo scritto in terza persona, mentre si parla di sé; pena la perdita della coreferenza (*Il sottoscritto Fabio Ruggiano dichiaro…). In realtà questa stranezza è proprio ricercata e fa parte di quel formalismo di cui sopra: parlare in terza persona rende la comunicazione estremamente distaccata e oggettiva, come se lo scrivente non fosse direttamente interessato al contenuto della comunicazione, sebbene abbia dichiarato di esserne responsabile con il rimando alla firma. In questo contesto, che è ovviamente simbolico e non deve dar conto solamente delle esigenze comunicative, continuano ad avere piena cittadinanza forme obsolete nella lingua comune, come i pronomi egli e ella, costui e costei, codesto e codesta.
L’innaturalezza della costruzione in terza persona, in un’epoca in cui il formalismo nella comunicazione è quasi sparito in tutti i campi, ha reso insopportabile la formula il sottoscritto / la sottoscritta; gli scriventi hanno, così, deformato appena la formula ottenendo quella che sembrava la soluzione più semplice: Io sottoscritto / Io sottoscritta. Con questo cambiamento minimo, la terza persona diviene prima persona: Io sottoscritto Fabio Ruggiano dichiaro… Inutile dire, però, che il formalismo in questo modo si perde, mentre si mantiene solamente la superficie di una formula a questo punto davvero stantia e grammaticalmente discutibile: Io sottoscritto Fabio Ruggiano dichiaro, infatti, corrisponde a ‘Io Fabio Ruggiano che sono scritto sotto dichiaro’ (senza virgole). Dal punto di vista grammaticale, quindi, la costruzione è sciatta, dal punto di vista logico è ridondante: non c’è motivo, infatti, di rimandare alla firma se si sta già dichiarando la propria responsabilità parlando in prima persona. A questo punto, tanto vale eliminare sottoscritto e mantenere l’essenziale, facendo una scelta di vera semplificazione: Io, Fabio Ruggiano, dichiaro…
In astratto, oggi le varianti Il sottoscritto / La sottoscritta e Io sottoscritto / Io sottoscritta sono ugualmente accettabili; la scelta tra le due è una questione di stile, nella quale potrebbero (o no) avere un peso le osservazioni fatte sopra. La variante Io, + nome, (la virgola fa parte della formula) è chiaramente la meno formale ed è attualmente la scelta meno scontata (ma a mio parere perfettamente legittima).
Per quanto riguarda le formule di commiato, infine, tutte le varianti da lei presentate sono valide, ma sono da posizionare in una scala di formalità. Dalla più alla meno formale troviamo:
Grazie per l’attenzione che vogliate/voglia dedicarmi.
Grazie per l’attenzione che vorrete/vorrà dedicarmi.
Grazie per l’attenzione che mi dedicherete/dedicherà.
Grazie per l’attenzione che mi è stata dedicata.
Grazie per l’attenzione che mi avete/ha dedicata.
Nell’ultima si consideri anche la possibilità di non concordare il participio passato (che mi avete / ha dedicato). Su questo punto rimando alle tante risposte dell’archivio di DICO che se ne sono occupate.
Riguardo alla prima, sottolineo che in questa forma suona un po’ innaturale, perché la proposizione ipotetica (o in questo caso relativa con sfumatura ipotetica) al congiuntivo presente è rara: al presente si usa quasi sempre l’indicativo. Non la scarterei, però, ma la renderei o ancora più formale, aggiungendo il pronome soggetto (Grazie per l’attenzione che voi vogliate / lei voglia dedicarmi), in modo da allontanarla totalmente dalla lingua comune e configurarla come un’espressione del tutto formalizzata; o più comune, con il congiuntivo imperfetto: Grazie per l’attenzione che voleste / volesse dedicarmi.
Fabio Ruggiano