QUESITO:
Navigando in internet mi sono imbattuto in teorizzazioni di natura sintattica che intendo sottoporre al vostro vaglio e in merito alle quali gradirei ricevere la vostra autorevole opinione.
A) Si sostiene che il se ipotetico, a differenza di qualora, nel caso (che) e, in parte, casomai (che), non accetti né il congiuntivo presente né il congiuntivo passato.
B) Si sostiene inoltre che il se ipotetico accetti anche i tempi del modo condizionale, purché sottintenda “è vero che” o espressioni di senso analogo.
Per effetto del punto A, le seguenti costruzioni determinerebbero un errore:
1. Ti invito a chiamarmi, se tua madre te ne dia la possibilità.
2. Parteciperò / partecipo all’incontro se la presenza dell’oratore sia stata confermata.
Per quanto inusuali e, forse, da evitare, non mi sentirei di bollare i congiuntivi dei due esempi come scorretti.
Per effetto del punto B, le seguenti costruzioni sarebbero invece valide:
3. Se (è vero che) potresti aver ragione nel protestare, dovresti innanzitutto farti un esame di coscienza.
4. Se (è vero che) avrei agito come te al posto tuo, allora è probabile che siamo più simili di quanto crediamo.
RISPOSTA:
Concordo pienamente con lei riguardo alla legittimità delle frasi 1. e 2. Non bisogna confondere la rarità con il divieto. Il congiuntivo presente e passato sono evitati nella protasi del periodo ipotetico perché esprimerebbero un’ipotesi reale, nel presente e nel passato (mentre l’imperfetto esprime la possibilità e il trapassato l’irrealtà). Siccome la realtà è associata all’indicativo, i due tempi del congiuntivo vengono sempre sostituiti dai corrispondenti tempi dell’indicativo. Rimane, però, possibile ricorrervi; con cautela e preferibilmente in contesti molto formali: sono, infatti, talmente insoliti che farebbero storcere il naso a molti parlanti.
Anche le frasi 3. e 4. sono ben formale. In questi casi il se regge “è vero”, “tu sostieni”, “ammettessimo” o simili: la protasi, cioè, è “Se è vero”, “Se tu sostieni”, “Se ammettessimo” ecc. Il condizionale, quindi, non è introdotto da se, ma è inserito nella proposizione, soggettiva o oggettiva (a seconda di come è costruita la protasi), retta dalla protasi così formata.
Fabio Ruggiano