QUESITO:
Chiedo il vostro contributo per definire i criteri da adottare per creare il giusto rapporto tra i termini quest’ultimo, stesso (e relative declinazioni in genere e numero) e i rispettivi antecedenti.
Nel brano “Valentina aveva guardato la TV, Sara aveva studiato e Martina aveva deciso di riposarsi, dato che si sentiva stanca. Io, durante il turno di lavoro, avevo dovuto affrontare diversi problemi e, tra l’uno e l’altro, avevo chiamato quest’ultima”, il termine quest’ultima può essere fatto risalire a Martina, nonostante il soggetto in questione sia, per così dire, lontano nel testo?
Secondo esempio: “L’impaginazione consiste nella definizione di due margini laterali, uno superiore e uno inferiore, nell’impostazione di un’interlinea di 1.5 pt e di una finestra centrale recante la denominazione. Il salvataggio della stessa dovrà essere eseguita nel rispetto delle suddette disposizioni”. Qui stessa si riferisce a finestra, impaginazione o denominazione? Il termine stessa, affinché ne sia comprensibile l’antecedente, ha l’obbligo di riferirsi all’ultimo soggetto o complemento?
In generale, quali sono le regole da seguire – se esistono – per non incorrere nel rischio di essere fraintesi da eventuali lettori?
RISPOSTA:
Nel primo caso, la distanza dell’antecedente dal punto in cui deve essere inserita la forma anaforica rende consigliabile la ripresa piena; bisogna, quindi, riprendere il sintagma nominale pieno Martina. Eventualmente, se Martina fosse identificabile in altri modi, specificati altrove nel co-testo, potrebbe essere usata la perifrasi corrispondente. Ad esempio, se Valentina e Sara fossero adolescenti e Martina una bambina, al posto di Martina potrebbe essere usato il sintagma la piccola (non la bambina, che potrebbe far pensare a un ulteriore referente, diverso da quelli nominati prima).
A sconsigliare quest’ultima non è l’ambiguità di questa forma pronominale, che è, invece, molto precisa, anche perché mancano altri potenziali referenti, essendo Martina effettivamente l’ultimo oggetto femminile singolare nominato prima dell’anafora. Quest’ultima è straniante perché questa rimanda a un referente molto vicino, mentre Martina si trova ben distante. Potremmo eliminare questa, lasciando soltanto l’ultima, ottenendo una coesione soddisfacente; l’aggettivo ultimo, però, raramente è usato con funzione referenziale senza il pronome questo e il lettore rischia di credere che chiamare l’ultima possa essere un qualche genere di espressione idiomatica.
Il secondo caso è un po’ diverso: di certo non si può usare la stessa, che è adatto a riprendere l’ultimo referente nominato (quindi, qui, denominazione). Per riprendere l’impaginazione in questo contesto, però, la forma migliore è non la ripetizione del sintagma, ma l’espressione il suo salvataggio; l’aggettivo possessivo, infatti, è perfetto per riprendere un soggetto divenuto, nella proposizione o nel periodo successivi, un complemento di specificazione. Lo stesso si potrebbe fare, per la verità, anche cataforicamente: “Il suo profumo era già percepibile; la primavera stava per arrivare”.
Si noti, a margine, che eseguita deve diventare eseguito, perché concorda con il salvataggio.
Fabio Ruggiano