La responsabilità della scelta del modo

Categorie: Semantica, Sintassi

QUESITO:

Cari linguisti, a seguito della lettura di alcuni vostri articoli FAQ sono sorte in me diverse incertezze che desidererei risolvere con il vostro contributo.
Numero: 2800196: la costruzione “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo avrebbe procurato” è giusta oppure sarebbero preferibili “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo avesse procurato” o “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo abbia procurato”?
Trasformando il discorso diretto “Disse: ‘Chiunque ti aggredirà, si troverà nei guai'” in indiretto, si ottiene 
“Disse che chiunque lo avrebbe aggredito, si sarebbe trovato nei guai” oppure “disse che chiunque lo avesse aggredito, si sarebbe trovato nei guai”?
Numero 2800177: oltre al passato prossimo, esistono altri tempi verbali che sono coinvolti dalla funzione deittica? Potrebbe essere il caso del trapassato remoto nella frase “Ieri mi hai detto di richiamarti oggi per sapere se era arrivata la macchina”?
In tale esempio, il trapassato indicherebbe anteriorità rispetto alla principale e non rispetto al momento dell’enunciazione. 
Numero 2800189: entità unica per concordanza verbale. Alla luce della vostra spiegazione, presumo che anche la frase “Dove è finito il nostro scrupolo e professionalità” sia corretta. Ma se ci attenessimo alla regola che vuole il verbo ed eventuali parti variabili al plurale per il numero plurale (“Dove sono finiti i nostri scrupolo e professionalità”) si sbaglierebbe?
Numero 2800206: a proposito della frase 4 dell’utente, spiegate che la soluzione con il congiuntivo è corretta e più formale rispetto a quella con l’indicativo. Non metto in dubbio, sia chiaro, il vostro giudizio, ma trattandosi di una frase positiva, retta da un verbo che indica certezza, non sarebbe addirittura più formale l’indicativo, come nei casi: “Ho capito chi sei”, “So che cosa vuoi”, “Ho notato dove andavi”, “Mi rendo conto che sei brava”?

 

RISPOSTA:

1. Rispetto alla frase analizzata nella risposta  (“Se tu fossi qui, non sapresti con chi ti toccherebbe parlare”), il suo primo esempio presenta una differenza dirimente: la proposizione introdotta da chi non è una interrogativa indiretta (come nella risposta 2800196), bensì una relativa. Dal momento che le proposizioni relative sono molto autonome per quanto riguarda la scelta dei modi e dei tempi (mentre le completive, tra cui le interrogative indirette, sono fortemente vincolate), la costruzione con il congiuntivo trapassato (“Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo avesse procurato”) è, nel suo caso, corretta. Non solo: la sua frase ha diverse varianti possibili.
– “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo ha procurato”: qui la relativa è costruita come propria, all’indicativo, e presenta l’azione del procurare come anteriore rispetto allo stato dell’essere responsabile.
– “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo avrebbe procurato”: questa è una variante attenuata della precedente (è quasi sempre possibile sostituire un tempo dell’indicativo con il tempo corrispondente del condizionale, per conferire alla frase una sfumatura di incertezza).
– “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo procurasse”: qui la relativa è costruita come impropria, in particolare come una ipotetica. La frase diviene, così, assimilabile a “Se qualcuno procurasse un incidente, la responsabilità sarebbe sua”, con l’azione del procurare contemporanea allo stato dell’essere responsabile.
– Infine, come da lei proposto, “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo avesse procurato”: simile alla precedente, presenta l’azione del procurare come anteriore allo stato dell’essere responsabile, quindi è assimilabile a “Se qualcuno avesse procurato un incidente, la responsabilità sarebbe sua”.
Scorretto (o quanto meno difficilmente giustificabile) è il congiuntivo passato (*”Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo abbia procurato”), perché è un’opzione non prevista dalla consecutio temporum.
2. Ragionamento simile vale per questo dubbio (“Disse che chiunque lo avrebbe aggredito, si sarebbe trovato nei guai” o “Disse che chiunque lo avesse aggredito, si sarebbe trovato nei guai”): entrambe le varianti sono corrette. Nel primo caso la subordinata è considerata una relativa propria, equivalente a “Disse che colui che lo avrebbe aggredito, si sarebbe trovato nei guai”, con l’azione dell’aggredire posteriore rispetto all’azione del dire, ma pur sempre nel passato rispetto al momento dell’enunciazione, cioè adesso. Nel secondo caso è considerata una ipotetica, come se fosse “Disse che se qualcuno lo avesse aggredito, si sarebbe trovato nei guai”.
3. I tempi deittici sono quelli che situano l’azione, l’evento o lo stato in un momento (passato, presente, futuro) relativo solamente al momento dell’enunciazione; i tempi anaforici (i trapassati, il futuro anteriore e il condizionale passato nella funzione di futuro nel passato) fanno, invece, riferimento a un’azione, un evento o uno stato diversi rispetto al momento dell’enunciazione. Nella sua frase (“Ieri mi hai detto di richiamarti oggi per sapere se era arrivata la macchina”), il trapassato indica che l’arrivo della macchina è anteriore al momento della richiesta della chiamata (colui che ha fatto la richiesta, quindi, non sapeva ancora, al momento della richiesta, se la macchina fosse arrivata o no). Ci sono, quindi, tre piani temporali: quello dell’enunciazione, cioè adesso, quello della richiesta, che è passato rispetto ad adesso, e quello dell’arrivo della macchina, che è passato rispetto a quello della richiesta.
4. Per quanto affini l’uno all’altra, lo scrupolo e la professionalità non possono essere considerati un’unica entità, mentre gli esempi portati in questa risposta sì. A riprova di ciò, la frase formulata da lei (con l’accordo del verbo, dell’articolo e dell’aggettivo possessivo solamente con scrupolo) non è corretta, mentre lo sarebbero frasi come “Mezzogiorno e un quarto per me è tardi: vediamoci prima”, oppure “Questo pane e formaggio è buonissimo” (all’opposto, nessun parlante nativo direbbe *”Mezzogiorno e un quarto per me sono tardi: vediamoci prima”, oppure *”Questi pane e formaggio sono buonissimi”).
5. Il congiuntivo nelle completive è sempre la scelta più formale; non bisogna confondere, però, formale con comune: è prevedibile, infatti, che la variante più comune sia proprio quella meno formale. Anzi, in dipendenza da alcuni verbi (che esprimono certezza, come essere sicuro), specie all’interno di specifiche costruzioni (frasi affermative al presente), l’indicativo si è imposto quasi come unica scelta; di conseguenza, in questi casi il congiuntivo è oggi percepito come scorretto e il suo uso è sconsigliato se non in contesti di alta formalità. L’opportunità di usare il congiuntivo va, comunque, valutata caso per caso. Nei suoi esempi, la variante con il congiuntivo è quasi sempre possibile, sebbene poco comune: “Ho capito chi tu sia”, “So che cosa tu voglia”, “Mi rendo conto che tu sia brava”. Un discorso a parte merita “Ho notato dove andavi”, nel quale la subordinata non è completiva, ma relativa (“Ho notato il luogo verso il quale andavi”), quindi di norma all’indicativo; se la trasformiamo in oggettiva, comunque, il congiuntivo è al limite dell’accettabilità: “Ho notato che tu andassi a casa”. Nell’esempio della risposta numero Diamo tempo al tempo (“Sapevo che Marco voleva/volesse parlarle”), si noti, il verbo reggente, sapere, perdipiù all’imperfetto, è tra quelli che ammette, sebbene non preferisca, il congiuntivo nella subordinata. Ecco un esempio letterario a sostegno di questa posizione: “Le Breda della mia squadra erano le armi migliori della compagnia e sapevo che cosa significasse per i fucilieri sentire le pesanti in caso di attacco” (Mario Rigoni Stern, Il sergente della neve, 1953, p. 68).
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Analisi del periodo, Registri, Verbo
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