La responsabilità della scelta del modo

Categorie: Semantica, Sintassi

QUESITO:

Cari linguisti, a seguito della lettura di alcune vostre risposte sono sorte in me diverse incertezze che desidererei risolvere con il vostro contributo.
Alla luce di questa risposta, la costruzione “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo avrebbe procurato” è giusta oppure sarebbero preferibili “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo avesse procurato” o “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo abbia procurato”?
Trasformando il discorso diretto “Disse: ‘Chiunque ti aggredirà, si troverà nei guai'” in indiretto, si ottiene 
“Disse che chiunque lo avrebbe aggredito, si sarebbe trovato nei guai” oppure “disse che chiunque lo avesse aggredito, si sarebbe trovato nei guai”?
Oltre al passato prossimo, esistono altri tempi verbali che sono coinvolti dalla funzione deittica? Potrebbe essere il caso del trapassato remoto nella frase “Ieri mi hai detto di richiamarti oggi per sapere se era arrivata la macchina”?
In tale esempio, il trapassato indicherebbe anteriorità rispetto alla principale e non rispetto al momento dell’enunciazione. 
A proposito dell’esempio 4 di questa risposta, spiegate che la soluzione con il congiuntivo è corretta e più formale rispetto a quella con l’indicativo. Non metto in dubbio, sia chiaro, il vostro giudizio, ma trattandosi di una frase positiva, retta da un verbo che indica certezza, non sarebbe addirittura più formale l’indicativo, come nei casi: “Ho capito chi sei”, “So che cosa vuoi”, “Ho notato dove andavi”, “Mi rendo conto che sei brava”?

 

RISPOSTA:

Rispetto alla frase analizzata nella risposta  (“Se tu fossi qui, non sapresti con chi ti toccherebbe parlare”), il suo primo esempio presenta una differenza dirimente: la proposizione introdotta da chi non è una interrogativa indiretta, bensì una relativa. Dal momento che le proposizioni relative sono molto autonome per quanto riguarda la scelta dei modi e dei tempi (mentre le completive, tra cui le interrogative indirette, sono fortemente vincolate), la costruzione con il congiuntivo trapassato (“Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo avesse procurato”) è, nel suo caso, corretta. Non solo: la sua frase ha diverse varianti possibili.
– “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo ha procurato”: qui la relativa è costruita come propria, all’indicativo, e presenta l’azione del procurare come passata, quindi automaticamente anteriore rispetto allo stato dell’essere responsabile.
– “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo procurasse”: qui la relativa è costruita come impropria, in particolare come una ipotetica (la responsabilità sarebbe di chi lo procurasse = se qualcuno lo procurasse la responsabilità sarebbe sua).
– Infine, come da lei proposto, “Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo avesse procurato”: simile alla precedente, presenta l’azione del procurare come fortemente ipotetica (la responsabilità sarebbe di chi lo avesse procurato = se qualcuno lo avesse procurato la responsabilità sarebbe sua).
Scorretto (o quanto meno difficilmente giustificabile) è il congiuntivo passato (*”Se accadesse l’incidente, la responsabilità sarebbe di chi lo abbia procurato”), perché questa forma del verbo non si usa nella proposizione ipotetica, che influenza la scelta del modo congiuntivo nella relativa.
Ragionamento simile vale per questo dubbio (“Disse che chiunque lo avrebbe aggredito, si sarebbe trovato nei guai” o “Disse che chiunque lo avesse aggredito, si sarebbe trovato nei guai”): entrambe le varianti sono corrette. Nel primo caso la subordinata è considerata una relativa propria, equivalente a “Disse che colui che lo avrebbe aggredito, si sarebbe trovato nei guai”, con l’azione dell’aggredire posteriore rispetto all’azione del dire, ma pur sempre nel passato. Nel secondo caso è modellata su una ipotetica, come se fosse “Disse che se qualcuno lo avesse aggredito, costui si sarebbe trovato nei guai”.
I tempi deittici sono quelli che situano l’azione, l’evento o lo stato in un momento assoluto, passato, presente o futuro; i tempi anaforici (i trapassati, il futuro anteriore e il condizionale passato nella funzione di futuro nel passato) fanno, invece, riferimento a un’azione, un evento o uno stato diversi rispetto al momento dell’enunciazione. Il passato prossimo è un tempo deittico, non anaforico. Nella sua frase (“Ieri mi hai detto di richiamarti oggi per sapere se era arrivata la macchina”), il trapassato prossimo (non remoto) era arrivata indica che l’arrivo della macchina è (o non è) anteriore a un momento nel passato. Tale momento potrebbe essere sia quello della richiesta della chiamata (colui che ha fatto la richiesta, quindi, non sapeva ancora, al momento della richiesta, se la macchina fosse arrivata o no) sia quello della chiamata, perché anche questa, per quanto si sia verificata oggi, precede il momento dell’enunciazione, quindi è passata. Ci sono, quindi, tre piani temporali: quello dell’enunciazione, cioè adesso, quello della richiesta e quello della chiamata, che sono passati, e quello dell’arrivo (o del mancato arrivo) della macchina, che precede i due momenti passati.
Il congiuntivo nelle completive è sempre la scelta più formale; non bisogna confondere, però, formale con comune: è prevedibile, infatti, che la variante più comune sia proprio quella meno formale. Anzi, in dipendenza da alcuni verbi (che esprimono certezza, come essere sicuro), specie all’interno di specifiche costruzioni (frasi affermative al presente), l’indicativo si è imposto quasi come unica scelta; di conseguenza, in questi casi il congiuntivo è oggi percepito come scorretto e il suo uso è sconsigliato se non in contesti di alta formalità. L’opportunità di usare il congiuntivo va, comunque, valutata caso per caso. Nei suoi esempi, la variante con il congiuntivo è quasi sempre possibile, sebbene poco comune: “Ho capito chi tu sia”, “So che cosa tu voglia”, “Mi rendo conto che tu sia brava”. Nell’esempio della risposta (“Sapevo che Marco voleva/volesse parlarle”), il verbo reggente, sapere, preferisce l’indicativo nella subordinata, ma all’imperfetto ammette il congiuntivo. Ecco un esempio letterario a sostegno di questa posizione: “Le Breda della mia squadra erano le armi migliori della compagnia e sapevo che cosa significasse per i fucilieri sentire le pesanti in caso di attacco” (Mario Rigoni Stern, Il sergente della neve, 1953, p. 68).

Fabio Ruggiano

Parole chiave: Analisi del periodo, Registri, Verbo
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