L’ausiliare del modale

Categorie: Sintassi

QUESITO:

È notorio che con i verbi modali, accompagnati da essere avere, si debba utilizzare l’ausiliare che si concilia con l’infinito. Faccio un esempio: “Ho voluto mangiare da solo”. In effetti si dice ho mangiato. Ancora: “Sono dovuto partire improvvisamente”, in effetti si dice sono partito e non ho partito. Ci sono però alcuni casi in cui sorge qualche dubbio. Esempio: “Non ho voluto venire con voi”. In questo caso, secondo me, non ho voluto è accettabile in quanto denota meglio la mia ferma volonta di non venire. Certo, si può anche dire “Non sono voluto venire con voi”, e forse è più corretto, ma reputo non ho voluto quasi più efficace.

 

RISPOSTA:

​La scelta dell’ausiliare con i verbi modali è meno rigida di quanto lei creda. Se non ci sono dubbi su avere con i verbi transitivi (nessun parlante nativo direbbe mai *sono voluto fare), con i verbi intransitivi l’oscillazione tra essere e avere è un fatto antico e ben radicato anche in letteratura. Ecco alcuni esempi di avere + modale + infinito di verbo intransitivo: 
 

“Come se i popoli che si ritruovaron le lingue avessero prima dovuto andare a scuola d’Aristotile, coi cui princìpi ne hanno amendue ragionato!” (Giovan Battista Vico, Principi di scienza nuova, 1744);

“Guarda dal parapetto del pulpito, e vede, cosa strana! nella chiesa, la quale prima era così zeppa di gente, che una presa di tabacco – diceva Giovanni tabaccone – non avrebbe potuto cadere in terra” (Arrigo Boito, Il demonio muto, 1883); 

“Egli avrebbe voluto alzarsi e camminare nel gabinetto, per vincere l’emozione che gli cresceva nel cuore, ma si accorgeva che la fanciulla non aveva ancora finito” (Alfredo Oriani, La disfatta, 1896).

“Ma avrebbero potuto andare avanti e indietro senza timore di svegliarli, scavalcandoli tutti, tanto dormivano in pace” (Elio Vittorini, Le donne di Messina, 1949).

La ragione dell’oscillazione non è di natura espressiva, come sospetta lei per il suo esempio, ma dipende dalla costruzione sintagmatica verbo modale + infinito, che è molto solidale, tanto che il modale può essere percepito come autonomo rispetto all’infinito, ma anche come un tutt’uno con l’infinito. Nel primo caso, l’ausiliare è selezionato dal modale, che formalmente è il verbo con il quale l’ausiliare entra in composizione (ho dovuto | andare); nel secondo caso, l’ausiliare è selezionato dal verbo all’infinito (sono dovuto andare). Questo spiega anche perché non ci sia la stessa oscillazione con i verbi transitivi: ho dovuto | fare = ho dovuto fare
Attenzione: il verbo essere preferisce l’ausiliare avere a essere. L’autorevolissima Grammatica italiana di Luca Serianni (UTET, 1988), anzi, la considera l’unica scelta corretta. Io non sarei così drastico, e mi limiterei a considerare essere + modale + essere una scelta trascurata, ma pur sempre ammissibile in contesti informali (non credo che molti parlanti sarebbero disturbati da frasi come “Nonostante la malattia, lo zio è voluto essere presente alla laurea della nipote”). In ogni caso, bisogna rilevare che l’uso vivo propende decisamente per avere + modale + essere: la ricerca di sarebbe potuto essere nell’archivio di Repubblica per l’anno 2019 restituisce appena 15 attestazioni, a fronte di 99 per avrebbe potuto essere
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Registri, Storia della lingua, Verbo
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