Le forme del secondo termine di paragone

Categorie: Sintassi

QUESITO:

Come posso capire la regola nel caso della comparazione di due avverbi?
1. Elena ha studiato più oggi che ieri. 
2. Mario è tornato più stanco di prima. 
In queste due frasi si usano congiunzioni diverse, perché?

 

RISPOSTA:

Nelle sue frasi è presente una comparazione, che richiede il secondo termine di paragone, anche detto complemento di paragone. Questo complemento è introdotto dalla preposizione di o dalla congiunzione che secondo queste regole: di è preferito (ma la sostituzione con che è possibile) quando il complemento è costituito da un nome (più stanco di Luca) o un pronome (più stanco di te) non preceduti da altre preposizioni, oppure un avverbio. In quest’ultimo caso rientra la sua seconda frase.
Che è obbligatorio quando il complemento di paragone è costituito da un nome o un pronome preceduti da una preposizione: “Mi piace di più parlare con te / con Luca che con lui / con Marco”; quando è costituito da un aggettivo, se questo riguarda lo stesso oggetto del primo aggettivo: “Luca è più studioso che intelligente”, “Questa occasione è più unica che rara”, oppure da un avverbio se questo riguarda lo stesso evento (più oggi che ieri, come nella sua prima frase); quando è costituito da un verbo, ovvero da un’intera proposizione: “Mi piace di più sciare che pattinare”, “Correndo si arriva prima che camminando”, “Se ogni tanto ti limiti nel bere è meglio che se bevi sconsideratamente”.
Si noti che, nella sua prima frase, se cambiamo l’ordine delle parole di diventa preferibile a che: “Elena ha studiato più oggi che ieri”, ma “Oggi Elena ha studiato più di ieri”. In questa forma, infatti, il complemento di paragone diventa analogo a quello della seconda frase. 
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Aggettivo, Analisi logica, Avverbio, Preposizione
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