Narrare all’imperfetto

Categorie: Morfologia, Semantica

QUESITO:

“Nel 2012, all’età di 25 anni, era sposato con la donna dei suoi sogni, aveva un ottimo lavoro e una bella casa”.
Mi chiedo: nell’esempio citato, l’imperfetto ha valore narrativo (storico)?
Sia in caso di risposta positiva che negativa, è corretto dire che, senza un contesto più ampio, non si può interpretare la frase in senso univoco, ossia non siamo certi se il soggetto sia ancora sposato, abbia ancora un ottimo lavoro e una bella casa?

 

RISPOSTA:

Gli imperfetti della frase hanno il valore tipico dell’imperfetto, ovvero designano situazioni continuate nel passato. L’imperfetto narrativo, al contrario, è usato in luogo del passato puntuale (passato prossimo o remoto), oppure con verbi che per la loro semantica non ammetterebbero l’aspetto durativo o abituale. Nella seguente frase troviamo un esempio per entrambi i casi: “A 19 anni veniva accolto a Londra come una star, a 22 moriva ucciso dall’abuso di alcol” (repubblica.it, 2011). Come si vede, l’azione dell’accogliere nella frase non è durativa, perché avviene in un momento puntuale (è durativa, o meglio abituale, in una frase come “Gli antichi greci accoglievano i viandanti come persone di famiglia”); il morire, poi, non può essere mai un processo durativo. L’imperfetto narrativo è anche tipico dei verbali di polizia: “Il soggetto si introduceva nell’appartamento e asportava oggetti di valore”.
L’effetto dell’imperfetto narrativo è quello di dilatare l’azione puntuale, dando l’impressione che si sia protratta nel tempo; di conseguenza, avvicina anche l’azione al momento dell’enunciazione, rendendola, quindi, più vivida.
Per quanto riguarda la seconda domanda, è vero che la formulazione della frase non consente di stabilire se la situazione descritta sia ancora valida; il tempo passato, però, suggerisce fortemente che non sia così.
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Verbo
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