Il nome casa indica al contempo un luogo delimitato e un ambito sociale; per questo motivo, quando è accompagnato da verbi di stato e di moto, può essere costruito con preposizioni diverse, a seconda di quale aspetto vogliamo valorizzare. Con il verbo uscire (ma la doppia costruzione si può trovare, più raramente, con verbi analoghi, come partire, allontanarsi, scappare), la preposizione da fa pensare al luogo (ed è la scelta più naturale): “‘Vigliacchi! Spudorati! Uscite da casa mia!’, si era messa a urlare” (Giorgio Bassani, Cinque storie ferraresi, 1956, p. 260). La preposizione di indica, invece, l’ambito sociale, come se in questo caso casa indicasse le abitudini, le dinamiche, le relazioni che si intrecciano nel luogo (ed è la scelta più carica di forza idiomatica, o più marcata, se vogliamo): “Sarebbe capace di non uscire più di casa, se si accorgesse che tu vai fuori soltanto per farla muovere” (Giuseppe Berto, Il tempo di uccidere, 1947, p. 197). Si noterà che, in linea con quanto detto, quando casa è costruito con di indica obbligatoriamente la casa del soggetto.
Un altro nome che condivide con casa la doppia costruzione è prigione: si può, infatti, uscire dalla prigione (dal luogo delimitato) o uscire di prigione (dall’ambito sociale).
Per quanto riguarda l’articolo, è vero che la costruzione con la preposizione da ne preferisce, e a volte obbliga, l’uso, mentre quella con di lo impedisce: questo dipende dal fatto che le espressioni con una forte valenza idiomatica tendono a cristallizzarsi e a perdere proprio l’articolo. Anche con da, del resto, l’articolo può essere escluso quando l’espressione è molto comune: “Sono uscito da casa di XXX alle sei” (e si veda anche, nell’esempio riportato sopra, da casa mia).
Fabio Ruggiano
Preposizioni bizzarre? No, idiomatiche
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