QUESITO:
Su alcuni libri di grammatica, in uso nella scuola secondaria di I grado, è registrata la possibilità di coniugare il participio presente passivo dei verbi transitivi con essente unito al participio passato (per es.: di amare, essente amato); inoltre viene distinta la voce del participio passato nella tabella della coniugazione attiva (per es.: di amare, amato) da quella corrispondente nella tabella della coniugazione passiva (per es.: di amare, stato amato).
Se il participio presente ha solo diatesi e forma attiva e se quello passato dei verbi transitivi ha solo diatesi passiva, le voci verbali sopra riportate sono giustificabili? Se sì, da quali autori della letteratura sono state usate?
RISPOSTA:
Alcune grammatiche scolastiche eccedono nello sforzo di completare i paradigmi della lingua, registrando sullo stesso piano forme effettivamente esistenti nell’uso e forme in teoria possibili, ma non usate (o, in certi casi, usate in passato ma oggi obsolete). I casi da lei proposti sono esempi degli effetti di questo sforzo: il fantomatico participio presente passivo è possibile in teoria, ma non se ne trovano tracce nella storia dell’italiano (per la verità, ho trovato un caso di essente odiato, nello ‘Nfarinato secondo di Lionardo Salviati, datato 1588), e soprattutto nell’italiano contemporaneo. Lo stesso participio presente di essere, essente, è praticamente in disuso oggi; lo si trova usato solamente come aggettivo in ambito filosofico, con il significato di ‘dotato della qualità dell’esistenza’.
Anche la distinzione tra participio passato attivo e passivo per i verbi transitivi è discutibile, nei termini da lei illustrati: perché amato dovrebbe essere considerata una forma attiva? Bisogna andare più a fondo nel problema. Il participio passato, quando è in composizione con l’ausiliare, può divenire attivo: “Avendo preso la valigia, Luca uscì” mostra che l’azione del prendere parte dal soggetto, Luca, e ricade sull’oggetto, valigia. Questo succede perché il participio passato transitivo viene percepito come un tutt’uno con l’ausiliare avere e, per questo, perde la sua funzione originaria di passivo. Si noti, però, che è sempre possibile dire “avendo presa la valigia”, che è comunque una costruzione attiva, ma mantiene il ricordo della funzione passiva del participio passato: equivale, infatti, a ‘avendo la valigia presa’, cioè ‘avendo reso la valigia presa’. Quando è usato da solo, inoltre, il participio passato transitivo è ancora preferenzialmente passivo: se togliamo l’ausiliare alla nostra frase esempio, infatti, rimaniamo con “Preso la valigia, Luca uscì”, che è al limite dell’accettabilità rispetto a “Presa la valigia, Luca uscì”, la variante più corretta, nella quale il soggetto di presa è la valigia. La frase equivale, quindi, a “Essendo stata presa la valigia, Luca uscì”: il participio è detto, in questo caso, assoluto, perché non ha collegamenti sintattici con la proposizione reggente. In “Preso la valigia, Luca uscì” agisce il modello sottostante “Avendo preso la valigia, Luca uscì”, che dà alla costruzione legittimità (limitata a usi non sorvegliati) per analogia.
Tanto amato, o preso quanto stato amato, o stato preso, quindi, possiedono il tratto della passività: amato, preso ecc. possono divenire attivi in composizione con l’ausiliare avere; stato amato, stato preso ecc., ovviamente, no, visto che sono già accompagnati dall’ausiliare essere.
Fabio Ruggiano