“Volevo” usare il tempo giusto del congiuntivo

Categorie: Semantica, Sintassi

QUESITO:

Quale tempo del congiuntivo bisogna adoperare quando siamo alle prese (direttamente o, soprattutto, indirettamente) con il condizionale presente di verbi di volontà, desiderio, eccetera?
In frasi indipendenti mi pare che il problema del tempo giusto non si ponga; è assodato che vorrei che fosse è corretta come vorrei che sia, nonostante quest’ultima forma sia insolita.
La mia incertezza si concentra sul tempo più opportuno in presenza di subordinate dipendenti da reggenti rette dal condizionale presente. Ho notato che il parlante medio tende a scegliere, o comunque a favorire, il congiuntivo imperfetto; mentre per me la questione non è di così immediata soluzione.
Non ho dubbi riguardo a questa costruzione:
1 – “Vorrei che aveste ricevuto l’informativa” (nonostante credo si possa dire anche abbiate ricevuto).
Le costruzioni sottostanti, invece, mi creano un po’ più di esitazione:
2 – “Volevo (intesa come variante semantica di vorrei) accertarmi che abbiate ricevuto / aveste ricevuto l’informativa”.
3 – “Volevo escludere che questi pettegolezzi siano filtrati / fossero filtrati”.
Se entrambe le soluzioni proposte negli esempi fossero valide, qual è la differenza d’uso tra le due?
Domando, per concludere, scostandomi un attimo dal focus, se in una frase come quella sotto indicata sia preferibile il congiuntivo o l’indicativo.
4 – “Gli studi dimostrano che il farmaco abbia / ha efficacia contro il virus”.

 

RISPOSTA:

Il condizionale presente si comporta, ai fini della consecutio temporum con le proposizioni completive, come l’indicativo presente, quindi penserei che = penso che. Ne consegue che per rappresentare un evento contemporaneo alla reggente la proposizione completiva vada costruita con il presente: “Penserei (= penso) che tu sia stupido”; per rappresentare un evento precedente, invece, la completiva richiede il passato: “Penserei (= penso) che tu sia stato stupido”, oppure l’imperfetto, se l’evento si è prolungato nel tempo: “Penserei (= penso) che tu fossi stupido”. Con verbi che esprimono volontà, necessità, opportunità, la consuetudine (talmente radicata da avere quasi la forza di una regola) è che per esprimere la contemporaneità si usi l’imperfetto: “Vorrei che tu fossi più cortese”, e per esprimere l’anteriorità si usi il trapassato: “Vorrei che tu fossi stato più cortese”. Se nella reggente al posto del condizionale presente si usa l’indicativo imperfetto con funzione di condizionale presente la consuetudine rimane valida: “Volevo (= vorrei) che tu fossi più cortese”. 
Per quanto riguarda la scelta tra l’indicativo e il congiuntivo nell’oggettiva la rimando alle tante risposte sull’argomento presenti nell’archivio di DICO. 
Fabio Ruggiano

Parole chiave: Analisi del periodo, Verbo
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