QUESITO:
1)Ripensandoci meglio, ho dovuto rettificare/emendare/correggere il mio precedente “sì” in un “no”.
2) ho dovuto specificare il mio “no, grazie, non posso venire” in “no, non verrò MAI”.
È legittimo questo uso di questi verbi con la preposizione “in”?
La sua funzione che sembra avere, ammesso che siano corrette le frasi, è la stessa che hanno verbi come “trasformare”, “cambiare” e simili:
– Lo ha trasformato in un brav’uomo.
– Ho cambiato una banconota da 20 euro in monete da 2 euro.
– Il malcontento si tradusse in rivolta.
Il complemento in questione non saprei descriverlo, in quanto in maniera generica parlerei di “complemento di moto a luogo figurato”, per via del passaggio/della transizione che sembra essere da una condizione all’altra, da uno stato all’altro.
Per quanto riguarda la prima frase sono sicuro di aver letto e sentito frasi simili.
Per quanto riguarda la seconda, col verbo “specificare”, invece no, in quanto ho pensato che potesse avere senso e rientrare in quel tipo di frase che riguarda appunto “trasformare” e affini.
RISPOSTA: solitamente
La preposizione in non è appropriata con nessuno dei quattro verbi. Semmai, potrebbe essere usata la preposizione con, con funzione di introduttore di complemento di mezzo: correggere/emendare/rettificare/specificare A con B. Inoltre, emendare solitamente è costruito soltanto con il complemento oggetto e non con altro complemento che indichi la versione sostituita a quella emendata. Più o meno lo stesso vale per rettificare. Se segue un altro complemento, oltre all’oggetto, con emendare, esso è introdotto o da da o da di, per intendere i difetti dai quali (o dei quali) il documento è stato emendato: «emendare qualcosa dai (o dei) vizi».
Fabio Rossi