QUESITO:
Tra le funzioni dei due punti, se non sbaglio, vi è anche quella di indicare – con la proposizione che li segue – le conseguenze della proposizione che li precede.
Nella frase “Mi ha chiamato Valentina: ha detto di volermi raggiungere e io, mentre ero impegnato con il lavoro, le ho fornito le indicazioni stradali” la proposizione “ha detto di volermi raggiungere” è una conseguenza della chiamata, ma l’atto di fornire le indicazioni stradali durante il lavoro non lo è, almeno
direttamente.
In casi come questo è preferibile separare le eventuali proposizioni alla destra dei due punti con altri segni (punto e virgola, punto fermo), così da segnare un confine tra ciò che è conseguenza della parte del discorso prima dei due punti e ciò che non lo è?
Nell’esempio summenzionato, le soluzioni potrebbero essere queste:
“Mi ha chiamato Valentina: ha detto di volermi raggiungere; e io, mentre ero impegnato con il lavoro, le ho fornito le indicazioni stradali”.
“Mi ha chiamato Valentina: ha detto di volermi raggiungere. Mentre ero impegnato con il lavoro, (io) le ho fornito le indicazioni stradali”.
Quale sarebbe la soluzione consigliata, considerando anche quelle che non ho ipotizzato?
DOMANDA:
Più che una conseguenza, i due punti segnalano che seguirà una giustificazione, una motivazione, una spiegazione dell’evento o dello stato di cose introdotto prima, o del perché un evento o uno stato di cose sia stato introdotto prima. In questa frase, ai due punti segue una spiegazione della descrizione: “I soffitti a travicelli, freddo d’inverno, caldo d’estate, non potevo aprire la finestra, sempre qualcuno mi faceva brutti segni: Roma era così” (Anna Banti, Artemisia, 1948). Se capovolgiamo il periodo, la descrizione diviene la spiegazione della proposizione “Roma era così”: “Roma era così: i soffitti a travicelli, freddo d’inverno, caldo d’estate, non potevo aprire la finestra, sempre qualcuno mi faceva brutti segni”. Le due proposizioni separate dai due punti, insomma, sono tra di loro in una relazione di spiegazione reciproca.
Nel suo esempio, il fatto che Valentina abbia detto qualcosa non è una conseguenza del fatto che ha chiamato; non è neanche, però, una spiegazione di questo fatto: è, piuttosto, una motivazione, ovvero la spiegazione del perché lo scrivente abbia introdotto il fatto della chiamata di Valentina. Potremmo dire che i due punti, in questo caso, sostituiscono un’espressione come “L’ho detto perché”: “Mi ha chiamato Valentina. L’ho detto perché ha detto di volermi raggiungere e io, mentre ero impegnato con il lavoro, le ho fornito le indicazioni stradali”.
Per quanto riguarda la prosecuzione della frase, la punteggiatura va scelta in base alla relazione semantica che si intende esprimere tra l’evento della dichiarazione di Valentina e quello della comunicazione da parte dello scrivente. La prima variante della frase, senza segni, suggerisce che i due eventi siano direttamente consequenziali, come se tutta la parte del periodo che va dai due punti al punto finale serva da motivazione per la parte che precede i due punti. Questa soluzione è legittima e si adatta bene a una situazione in cui lo scrivente stia raccontando gli eventi in modo semplice. Non convince la variante con il punto e virgola, che non chiarisce quale rapporto ci sia tra la dichiarazione e la comunicazione. Quella con il punto fermo, invece, è valida: rispetto a quella senza segni separa i due eventi, rendendoli autonomi. In virtù di questa autonomia, “mentre ero impegnato con il lavoro” risulta più rilevante rispetto all’altra variante; in questo modo, lo scrivente potrebbe far rilevare di aver interrotto il proprio lavoro con un certo fastidio per rispondere a Valentina.
Fabio Ruggiano