Le opinioni di Guglielmo Pispisa su lettori e scrittori oggi

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Guglielmo Pispisa apre il nostro dibattito sulla letteratura, lanciato nella prima pagina di DICO all’inizio di settembre 2015:

«Non si può non essere d’accordo con Borghi e con Leopardi. Attualissimi ancor oggi. Riguardo a Gramsci, direi che la situazione da allora è un po’ cambiata. Dagli anni cinquanta in poi, una lingua di registro medio in Italia s’è formata e, quantomeno negli ultimi venti-trent’anni, anche una buona e seguita tradizione di romanzo popolare nostrano, penso a Eco, Evangelisti, Manfredi, Wu Ming, i molteplici e abili giallisti a tutti ben noti. Autori che non temono la concorrenza dei titoli stranieri, dei quali infatti tengono bene il ritmo nelle classifiche di vendita. Romanzieri per gusti più ricercati non mancano neppure, penso a Walter Siti, a Michele Mari, a Tommaso Pincio. Gli scrittori insomma oggi ci sono, la lingua, mi pare, pure.

Quel che latita sono i lettori: se è vero che i libri italiani si vendono quanto quelli stranieri, vero purtroppo è anche che entrambi si vendono sempre meno. E non darei la colpa al libro elettronico, a internet o alla televisione. Dai dati statistici di un recente studio Nielsen emerge che i lettori più forti sono quelli delle fasce comprese fra i 14 e i 19 anni e oltre i 65, ossia quelli che in teoria consumano più internet e più tv. La mia generazione, invece, quella degli adulti in età da lavoro, quella entro cui dovrebbe esservi l’attuale classe dirigente del paese, non sa, non può e non vuole leggere. La classe dirigente. E si vede.

Speriamo in meglio. Chiudo con due mie ottime letture estive, un italiano e uno straniero: Mauro Covacich, La sposa, racconti intimi, personali ma mai ombelicali; David Mitchell, Le ore invisibili, un’esplosione narrativa vera e propria, gioiosa e drammatica.

Un caro saluto

Guglielmo Pispisa»