Tante ipotesi (e qualche certezza) sul periodo ipotetico

Pubblicato Categorie: Istruzioni per l'uso

Spett.le Staff di DICO, è routine causa fretta dimenticarmi le monete nell’auto. Stamane mi viene offerto un caffè e declino in quanto provvisto di monete: “Grazie. Ho arraffato le monete dall’auto poco fa. Se non le avevo te lo chiedevo io…”. Un collega mi riprende: ”Perché usi l’imperfetto? Avresti dovuto dire: Se non le avessi avute allora te lo chiederei”. Mi è rimasto il dubbio. Si possono usare i due verbi consecutivi in tempo imperfetto? L’azione è abituale.

Si può usare senza dubbio l’imperfetto indicativo nel periodo ipotetico dell’irrealtà, o misto, come nel suo esempio. È un uso da sempre attestato in italiano, anche in letteratura (numerosissimi gli esempi settecenteschi, tra l’altro, anche in poesia), che i grammatici chiamano indicativo irreale. Sicuramente, si tratta di una forma più adatta allo stile informale e colloquiale che non a quello di elevata formalità, che continua a preferire il congiuntivo. Ma in una conversazione tra amici è più che appropriato! Tuttavia, la giustificazione dell’imperfetto non risiede tanto nell’abitualità dell’azione, sibbene nella sua ipoteticità. L’imperfetto indicativo, infatti, oltre a valori temporali (passato) e aspettuali (serve cioè a esprimere qualità dell’azione quali la continuatività, la ripetizione, l’abitualità ecc.), possiede anche valori modali epistemici, cioè serve a esprimere un certo margine di dubbio, di ipotesi, di probabilità dell’azione. È proprio da questo punto di vista che viene usato frequentemente in frasi come quella da lei sottopostaci.

Fabio Rossi

 

“Se lei non è felice quando sarà felice”. In questa frase ci sono due subordinate?

Nella frase c’è una proposizione principale (di tipo interrogativo), “quando sarà felice”, e una subordinata condizionale di primo grado, “se lei non è felice”. Le due proposizioni, insieme, formano un periodo ipotetico, nel quale la proposizione interrogativa rappresenta l’apodosi (cioè la conseguenza) e la proposizione condizionale la protasi (cioè la premessa). Il dubbio può essere provocato dalla presenza, all’inizio della principale, del connettivo quando, che, in questo caso, non è una congiunzione temporale (che introduce una subordinata temporale), bensì un avverbio interrogativo. Il dubbio è favorito anche dalla mancanza del punto interrogativo, che faciliterebbe l’interpretazione interrogativa della proposizione “quando sarà felice?”. C’è da dire che quando con funzione di avverbio interrogativo può introdurre anche una proposizione interrogativa indiretta, per esempio: “Non so quando arriverò”. In questo caso la proposizione interrogativa è subordinata e il punto interrogativo non è richiesto.

Fabio Ruggiano

 

È corretto dire “Se dovessi sapere che mia figlia avrebbe anche lei questi comportamenti ci rimarrei male”?

Nella frase, le due parti del periodo ipotetico sono “Se dovessi sapere” e “ci rimarrei male”. La prima, detta protasi, presenta la condizione che potrebbe provocare una conseguenza; la seconda, detta apodosi, presenta la conseguenza che potrebbe essere provocata dalla condizione. Nella protasi del periodo ipotetico si può usare il modo indicativo o il congiuntivo, mentre nella apodosi, che è una proposizione indipendente, possiamo trovare tutti i modi verbali, compreso il condizionale.
La terza proposizione contenuta nella sua frase (si tratta di una proposizione oggettiva), “che mia figlia avrebbe anche lei questi comportamenti”, si viene a trovare in mezzo tra le due parti del periodo ipotetico, e questo può farci pensare che sia parte dell’apodosi. Essa, invece, dipende dalla protasi e non ha un rapporto diretto con l’apodosi. Il modo verbale da usare all’interno di questa proposizione, quindi, segue le regole comuni delle proposizioni oggettive, ovvero può essere l’indicativo o il congiuntivo. La scelta tra i due modi dipende sia dal grado di formalità che si vuole usare, sia dal grado incertezza che si vuole attribuire all’evento: “che mia figlia ha anche lei questi comportamenti” è meno formale e presenta l’evento come più realistico; “che mia figlia avesse anche lei questi comportamenti” è più formale e presenta l’evento come più incerto. Il fatto che l’oggettiva sia dipendente da una proposizione al congiuntivo, comunque, deve far propendere per la scelta del congiuntivo. In generale, le proposizioni oggettive possono avere anche il condizionale, anche in dipendenza da una protasi di periodo ipotetico, ma solo quando presentano un evento futuro rispetto a un altro passato (“Se avessi saputo che tu saresti voluto andare in vacanza, avrei prenotato”), oppure un evento contemporaneo, con una sfumatura di futuro (“Se sapessi che mia figlia avrebbe un vantaggio a seguire un corso di informatica, la iscriverei subito”).

Fabio Ruggiano

 

Nella seguente frase: “Vorrei sapere se sarebbe possibile completare il percorso formativo il prossimo anno, qualora si organizzasse un nuovo corso”, il condizionale nell’interrogativa diretta è corretto? Si può considerare prevalente il valore condizionale, di apodosi di un implicito periodo ipotetico, della frase interrogativa?

​In questo caso la proposizione introdotta da se non è una protasi di periodo ipotetico, ma una interrogativa indiretta (nella domanda lei l’ha, forse per distrazione, definita diretta); ammette, pertanto, la costruzione con il condizionale, con il congiuntivo e con l’indicativo (ad esempio: “Vorrei sapere se sei dei nostri o no”). Il condizionale, in particolare, è perfettamente lecito quando la subordinata interrogativa rappresenta non già la protasi, ma l’apodosi di un periodo ipotetico (la congiunzione se non deve ingannare). Nel suo caso, per l’appunto, “se sarebbe possibile” è l’apodosi del periodo ipotetico completato dalla protasi “qualora si organizzasse un nuovo corso” (ma si badi: non cambierebbe niente se la protasi fosse implicita). La costruzione con il congiuntivo (“Vorrei sapere se fosse possibile”) accentua il valore di incertezza sulla possibilità espresso dall’emittente.

Fabio Ruggiano

 

Vorrei sapere se è corretta questa frase: “Se desideri cosi tanto che lui faccia questo, forse non avresti dovuto chiederglielo in questo modo”.

Sì, è corretta. È un tipico esempio di periodo ipotetico misto, che combina, in questo caso, caratteristiche del periodo dell’irrealtà con quelle del periodo della realtà. La versione più formale, dell’irrealtà, sarebbe stata: “Se avessi desiderato… che lui facesse…”, oppure, molto informalmente: “Se desideravi… che lui faceva”. La versione da Lei proposta va benissimo, in quanto combina il verbo dell’apodosi (o reggente) al condizionale passato (avresti dovuto, tipico del periodo ipotetico dell’irrealtà), come se fosse definitivamente tramontata l’ipotesi che “lui facesse questo”, e l’atteggiamento del desiderio, ben ancora presente e reale, che lui, con un comportamento diverso del/della richiedente, possa ancora farlo… Morale della favola: non è mai troppo tardi, e gli usi linguistici, talora, rivelano ben più di quanto crediamo sui nostri desideri reconditi.

Fabio Rossi

 

Buonasera. Sono greco e voglio fare una domanda. La frase “se non ti avevo conosciuto” è giusta o devo usare congiuntivo?

La frase è soltanto a metà, quindi proverò a ipotizzare un completamento: “Se non ti avevo conosciuto era meglio”. La proposizione introdotta da se rappresenta una parte (detta protasi) di un periodo ipotetico dell’irrealtà, ovvero di un periodo ipotetico che esprime un evento irrealizzabile (come se dicesse “ormai ti conosco, quindi non è possibile che io non ti conosca”). Questo tipo di protasi si costruisce normalmente con il congiuntivo trapassato, quindi “Se non ti avessi conosciuto”, ma l’indicativo è ammesso come forma più colloquiale, in contesti che non richiedono il rispetto puntuale della norma standard (meglio nel parlato che nello scritto). Bisogna dire che, per esprimere la stessa irrealtà nel registro colloquiale, la forma più comune è l’imperfetto indicativo, non il trapassato prossimo, da lei usato, quindi “Se non ti conoscevo (era meglio)”.

Fabio Ruggiano

 

Buongiorno, nella frase: “Ho pensato che avrei fatto meglio a prendere l’ombrello”, “ho pensato” è la principale, “che avrei fatto meglio” è la subordinata oggettiva, mentre “a prendere l’ombrello” potrebbe essere un’altra oggettiva?

La proposizione è una ipotetica costruita implicitamente (cioè con un modo indefinito), parafrasabile con “Se avessi preso l’ombrello”. Rappresenta la protasi che completa il periodo ipotetico dopo l’apodosi “Che avrei fatto meglio”. Non è insolito, infatti, che l’apodosi di un periodo ipotetico sia a sua volta una proposizione subordinata.

Fabio Ruggiano

 

Vorrei sapere se i quattro periodi elencati di seguito possono essere giudicati corretti (o comunque accettabili) e, tra questi, qual è il più idoneo a un linguaggio sorvegliato: 1. “Se domani non sarò a casa per le 8, vorrà dire che mi avranno trattenuto all’allenamento”. 2. “Se domani non sarò a casa per le 8, vuol dire che mi avranno trattenuto all’allenamento”. 3. “Se domani non sarò a casa per le 8, vorrà dire che mi hanno trattenuto all’allenamento”. 4. “Se domani non sarò a casa per le 8, vuol dire che mi avranno trattenuto all’allenamento”. Vi domando inoltre – rimanendo in tema di sintassi – se il seguente periodo ipotetico: “Se non ti avessi conosciuto, oggi sarei stato solo”, può essere definito corretto, al pari del più diffuso “Se non ti avessi conosciuto, oggi sarei solo”. In altre parole, quando l’apodosi ha, per così dire, effetti sul presente, si può comunque impiegare il condizionale composto o si è obbligati a scegliere il presente?

Cominciamo dalla scelta tra vorrà e vuole nella prima domanda. In questo caso, ciò che conta maggiormente è il momento dell’enunciazione, non la relazione con il sarò della protasi: la scelta, cioè, dipende da quando si verifica l’evento rispetto al momento in cui viene prodotto l’enunciato, ovvero nel futuro. Stando così le cose, l’opzione più formale è vorrà, sebbene vuole non sia scorretto (il presente è, anzi, usato comunemente per esprimere il futuro). Per quanto riguarda il tempo da usare nella proposizione oggettiva, la scelta più formale è il passato prossimo (quindi la frase da preferire è la numero 3); il futuro anteriore (frase numero 1) è da alcuni ritenuto inaccettabile, ma io ho una posizione più moderata (può leggere in proposito la risposta n. 2800175 dell’archivio di DICO).
Per quanto riguarda la seconda domanda, entrambe le varianti del periodo ipotetico sono accettabili: nella prima si mantiene il rapporto temporale previsto dal periodo ipotetico dell’irrealtà, congiuntivo trapassato nella protasi, condizionale passato nell’apodosi; nella seconda si dà peso al momento dell’enunciazione, ovvero oggi, che spinge a usare il condizionale presente. Si consideri che il rapporto temporale tra la protasi e l’apodosi può essere vario: spesso dipende da una sfumatura di significato che si vuole esprimere o dal gusto dell’emittente.

Fabio Ruggiano

 

“(Se tu fossi qui), non sapresti con chi ti toccherebbe parlare” è giusta o sarebbe meglio preferirle soluzioni come “(Se tu fossi qui), non sapresti con chi ti tocchi/tocca parlare” o “(Se tu fossi qui), non sapresti con chi ti toccherà parlare”?

L’unica soluzione possibile è la prima, per ragioni non strettamente grammaticali, ma prima di tutto logiche: la situazione configurata dal periodo ipotetico (“Se tu fossi qui, non sapresti”) che fa da premessa alla interrogativa indiretta (“con chi ti toccherebbe parlare”), infatti, impedisce di immaginare come fattuale, quindi all’indicativo (presente o futuro), la presenza della persona con cui il soggetto dovrebbe parlare. Anche nel caso di “non sapresti con chi ti tocchi parlare”, in realtà, emerge lo stesso problema, visto che il congiuntivo presente rappresenta la variante più formale dell’indicativo, a cui aggiunge una sfumatura di eventualità ininfluente sull’accettabilità della forma.

Raphael Merida

 

Gradirei apprendere la giusta sintassi delle proposizioni reggenti nei casi in cui la subordinata sia introdotta da qualoranel caso chese.
Mi spiego meglio: se non erro, qualora nel caso che pretendono il modo congiuntivo e tollerano i vari tempi di esso; ma non sono certa che le forme riportate di seguito siano tipiche del linguaggio colloquiale e quindi da evitare:
“Qualora volesse, può (oppure potrebbe?) scegliere il libro che preferisce”.
“Qualora voglia, potrebbe (oppure può?) scegliere il libro che preferisce”.
“Nel caso non fosse arrivato per tempo, andrò (oppure andrei?) a casa”.
“Se non ci fossero le condizioni, lascerò (anziché lascerei) perdere”.
“Se per te non è un problema, potrei contattarti domani” oppure “Se per te non fosse un problema, potrei contattarti domani”.

la scelta dei tempi verbali per la protasi e per l’apodosi del periodo ipotetico deve tener conto della relazione sintattica che la protasi ha con l’apodosi, ma anche delle possibili sfumature semantiche risultanti da accostamenti insoliti. La soluzione più comune per il periodo ipotetico detto della possibilità o del secondo tipo è quella con il congiuntivo imperfetto nella protasi e il condizionale imperfetto nell’apodosi. Rispetto a questa, le frasi da lei proposte con il congiuntivo imperfetto nella protasi e l’indicativo presente o futuro nell’apodosi (“Qualora volesse, può scegliere il libro che preferisce” e “Se non ci fossero le condizioni, lascerò perdere”), lungi dall’essere errate, veicolano una sfumatura di certezza che le rende più dirette e adatte a contesti informali. Si veda questo esempio letterario (nel quale si imita un tipo di parlato colto) per il caso del futuro: “Sì e no… Ma soprattutto se è no, rispondermi ti servirà di allenamento, qualora ti trovassi costretto a dire alla Polizia di essere stato a Milano” (Vasco Pratolini, Un eroe del nostro tempo, 1949, p. 199). Questo altro esempio, invece, dimostra che l’indicativo (presente, ma lo stesso si può dire del futuro), con la sua sfumatura fattuale, può essere funzionale anche in un contesto tecnico-scientifico: “né la prospettiva muta, qualora volesse ritenersi che il datore debba comunque edurre il lavoratore a termine delle maggiori esigenze” (Luigi Di Paola, Ileana Fedele, Il contratto di lavoro a tempo determinato, 2011, p. 296). Per quanto riguarda la frase con il congiuntivo presente nella protasi (“Qualora voglia, potrebbe/può scegliere il libro che preferisce”), la soluzione più comune è quella con il presente indicativo nell’apodosi. Si viene, così, a formare quello che viene definito periodo ipotetico della realtà o del primo tipo. Si consideri che, in questo caso, se sostituiamo qualora con se, il congiuntivo presente diviene quasi innaturale, e la costruzione normale prevede l’indicativo tanto nella protasi quanto nell’apodosi. Il condizionale nell’apodosi non è, comunque, scorretto, ma si configura come variante più indiretta e cortese. Da quanto detto finora consegue che le seguenti frasi, da lei poste come alternative, sono entrambe valide, ma diverse: “Se per te non è un problema, potrei contattarti domani” è un periodo ipotetico del primo tipo, con il condizionale di cortesia nell’apodosi; “Se per te non fosse un problema, potrei contattarti domani” è un periodo ipotetico del secondo tipo canonico. Allo stesso modo, l’ultima frase (“Nel caso non fosse arrivato per tempo, andrò/andrei a casa”) può essere interpretata in due modi, entrambi perfettamente validi e ugualmente formali. Se interpretiamo non fosse arrivato come un evento ormai concluso, siamo di fronte a un’ipotesi irreale (perché sappiamo che lui, in realtà, è arrivato), che richiede, nell’apodosi, un condizionale passato (in questo caso sarei andato o sarei andata). In questo modo si viene a costituire un periodo ipotetico dell’irrealtà o del terzo tipo. Se, invece, interpretiamo non fosse arrivato come evento ancora attuale, che presenta l’ipotesi come da verificare (non sappiamo, cioè, se lui sia effettivamente arrivato), rientriamo nella fattispecie del periodo ipotetico del secondo tipo, descritto sopra; in questo caso, quindi, nell’apodosi ci si aspetta un condizionale presente (andrei) o, con la sfumatura di certezza di cui si è detto, un indicativo futuro, o persino presente (se si vuol suggerire che la decisione di andare a casa non ammette deroghe).

Fabio Ruggiano

 

Buongiorno, ho riportato di seguito alcuni esempi di frasi sui quali nutro dei dubbi circa la lo composizione. Ho usato la barra per separarne le alternative: “Avrebbe parlato a tutti coloro che si sarebbero/fossero presentati”; “Mi disse che sarebbero partiti appena avessero/avrebbero acquistato i biglietti”; “Se non è/sia possibile fare altrimenti, vado al cinema”; “Quando sarebbero/fossero giunti al parco, avrebbero camminato tra gli alberi”.

​Il dubbio relativo alla scelta tra il condizionale e il congiuntivo accomuna le seguenti frasi: “Avrebbe parlato a tutti coloro che si sarebbero/fossero presentati”, “Mi disse che sarebbero partiti appena avessero/avrebbero acquistato i biglietti”, “Quando sarebbero/fossero giunti al parco, avrebbero camminato tra gli alberi”. Nei tre casi, entrambe le opzioni sono valide: il condizionale rappresenta la scelta richiesta dalla consecutio temporum, visto che il verbo esprime un evento successivo rispetto a un altro evento passato (posteriorità nel passato). In nessuno dei tre casi, ovviamente, l’evento rispetto al quale va valutata la posteriorità è quello espresso dal verbo delle reggenti; anzi, le reggenti presentano eventi posteriori rispetto a quelli delle subordinate. L’evento è quello espresso dal verbo di dire, pensare o simili della proposizione principale, esplicitato nella frase “Mi disse che sarebbero partiti appena avrebbero acquistato i biglietti”, sottintesa nelle altre due: “(Dichiarò/pensò che) avrebbe parlato a tutti coloro che si sarebbero presentati”, “(Dichiararono/pensarono che) quando sarebbero giunti al parco, avrebbero camminato tra gli alberi”. Rispetto a questa relazione temporale, quella tra gli eventi delle due subordinate passa in secondo piano e non viene rappresentata al livello morfologico. La sostituzione dei condizionali con i congiuntivi conferisce agli eventi una sfumatura di potenzialità: ad esempio, nella frase “Mi disse che sarebbero partiti appena avessero acquistato i biglietti” si suggerisce che l’acquisto dei biglietti è ancora da decidere e potrebbe non avvenire. Nella protasi del periodo ipotetico della realtà “Se non è/sia possibile fare altrimenti, vado al cinema” è preferibile l’indicativo presente.

Fabio Ruggiano