Andrea BOBBIO
Università della Valle d’Aosta
L’attitudine pro-attiva e partecipativa, contraddistinta da un focus control interno, costituisce l’esito di un percorso educato che ha le sue radici nell’infanzia. Sentirsi amato e valorizzato, potere scegliere le attività nelle quali essere coinvolto, essere libero e autonomo di agire e pensare nonché di provare emozioni rappresentano i fattori maggiormente implicati in quel “divenire resiliente” che consente al bambino di “farsi persona” superando così tutti i limiti connessi a una condizione di inferiorità (fisica, giuridica, piscologica) già evidente sul piano lessicale ed etimologico: – infans, colui che non parla; minor: colui che è meno; bamba: lo sciocco – prima ancora che su quello propriamente sociale e culturale. Di questa condizione di svantaggio e di inferiorità, con la sua impareggiabile sensibilità umana e pedagogica, era ad esempio ben avveduto il Janusz Korczak di Quando ridiventerò bambino che, in forma di romanzo, compie una regressione della coscienza dell’adulto nel corpo di sé bambino sperimentando nuovamente tutte quelle umiliazioni che gli adulti gli avevano inflitto nel corso dell’infanzia e che aveva rimosso durante la sua crescita e la sua educazione. Prendere coscienza della trama “sottile” di cui sono intessuti i diritti dei bambini (della quale è ben evidente la traccia nella Convenzione sui diritti dell’infanzia (1989) costituisce il primo presupposto per un’educazione (e una professionalizzazione degli insegnanti/educatori) non violenta ed intrusiva, che non sia colonizzazione, invasione dell’altro, ma che si configuri invece come la più alta forma di vicinanza tra uomo e uomo, relazione di accompagnamento capace di evolvere sempre più nelle forme dello scambio e della reciprocità.
Parole chiave: Diritti del bambino; Janusz Korczak; ECEC; scuola dell’infanzia; bisogni educativi