La scuola si interroga: dalla “finta” relazione di Sciascia alle storie vere di Starnone
Università degli Studi di Salerno
I proponenti rifletteranno “ad alta voce” su due autori che in momenti diversi hanno ritratto il mondo della scuola italiana.
La prima parte sarà dedicata alle Cronache scolastiche che, nelle Parrocchie di Regalpetra, mettono a nudo un aspetto originale della produzione di Sciascia, quello della scrittura-denuncia. Lo scrittore siciliano comincia dai momenti educativi per la determinazione di quel “microcosmo reale” su cui esercitare la funzione del giudizio e dell’interpretazione mediante la letteratura. Perciò, a partire dalla ‘memoria scolastica’ sono contrapposti, facit indignatio versum, la giustizia e la libertà al potere e ai suoi paradossi. Sono pagine che descrivono la vita e l’ambiente scolastico in maniera non edulcorata e/o convenzionale. Il fine del maestro-scrittore è quello del testimone attento e garante della verità. Un percorso pedagogico trasversale nella produzione di Sciascia, che sentirà sempre il bisogno di avere il mondo della scuola a latere della sua professione di scrittore. Le cronache, i registri, gli scritti pedagogici incrementano quell’“unico” libro sulla Sicilia fatto testi caratterizzati dalla narrativa di testimonianza.
La seconda parte della riflessione si concentrerà su Ex cattedra (1986), Fuori registro (1991) e Solo se interrogato (1995) tre dei volumi che Domenico Starnone ha dedicato al mondo della scuola.
Appunti che ci restituiscono le coordinate di una fertile e ironica attività pedagogica che si è rinnovata nelle aule italiane e schizzano il ritratto di un docente alla perenne ricerca di punti di contatto con gli allievi per contenere insofferenze e disagi e prevenire qualsiasi “progetto di fuga”. Starnone ha rincorso una “leggera” – da intendere calvinianamente – relazione educativa, coltivando il piacere d’insegnare seguendo un ineludibile motto: «Non fare agli allievi ciò che i professori peggiori hanno fatto a noi» e dando nuova linfa al verbo “studère” che negli anni ha finito per trasformarsi in un verbo del castigo (“devo studiare”), perdendo tutta la sua etimologica leggerezza. Il suo modello didattico è stato costruito sulle domande poste da generazioni di studenti sempre più vulnerabili e in cerca di risposte. Particolarmente oggi le pagine di Starnone tornano utili e continuano a parlare a una istituzione educativa che si trova di fronte ragazzi impauriti che nelle aule hanno dovuto mettere da parte, speriamo momentaneamente, ogni forma di “libertà” e sono stati condannati all’immobilità.
Parole chiave: domande, alunni, emozioni, nutrimento, “piacere di insegnare”.