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QUESITO:

Ho un dubbio sull’uso della parola sino per determinare l’esatta conclusione di una azione in un determinato tempo. Provo a chiarire la mia richiesta attraverso un esempio. Dire che “l’azienda rimane chiusa dal 29 sino al giorno 2”, significa che il 2 l’azienda è aperta, o che l’azienda è chiusa?

 

RISPOSTA:

Il problema non dipende dalla locuzione preposizionale sino a, ma è concettuale (infatti permane anche se eliminiamo sino): quando il termine di un periodo di tempo non è momentaneo, ma ha una certa durata (come una giornata), il periodo potrebbe finire in coincidenza con l’inizio del termine o con la fine dello stesso.
Questo problema è alla base delle gag comiche classiche in cui due personaggi non riescono a mettersi d’accordo se il conto alla rovescia finisca in coincidenza con la parola uno o dopo che questa è stata pronunciata. Nel suo caso, in teoria il periodo di chiusura potrebbe finire all’inizio del giorno 2, quindi il giorno 2 sarebbe escluso dalla chiusura, o alla fine dello stesso giorno, che quindi sarebbe incluso. Questo in teoria, perché in pratica l’indicazione del giorno implica che questo faccia parte del periodo; se, infatti, il giorno 2 fosse escluso il periodo finirebbe il giorno 1 e sarebbe antieconomico, quindi fuorviante, nominare il giorno 2 per riferirsi al giorno 1. Anche nel conto alla rovescia, del resto, dopo uno si dice spesso via o qualcosa di simile, a conferma che il conto include uno. Ancora, per fare un altro esempio, una frase come “Hai tempo fino al 2 per ridarmi i soldi” significa che i soldi devono essere restituiti al massimo alla fine del giorno 2, quindi il giorno 2 fa parte del periodo indicato.
In ogni caso, per evitare qualsiasi incertezza, anche teorica, è possibile aggiungere la dicitura incluso o compreso al termine finale del periodo: “l’azienda rimane chiusa dal 29 sino al giorno 2 incluso” (oppure sino al giorno 1 incluso se il 2 è escluso). Tale dicitura è tipica del linguaggio burocratico ed è spesso usata insieme alla preposizione entroentro il giorno 2 incluso / compreso. Esiste anche la possibilità di aggiungere escluso, che, però, è paradossale e difficilmente giustificabile: come detto sopra, se un termine è escluso dovrebbe essere semplicemente non nominato. Incluso può essere anche sostituito da e non oltre, creando l’espressione bandiera del burocratese entro e non oltre. Questa alternativa è meno trasparente, quindi non preferibile, ma è tanto apprezzata perché conferisce al testo una (malintesa) patina di ufficialità.
Fabio Ruggiano

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QUESITO:

Ieri ho scritto la seguente frase in un mio elaborato: «Uscì di casa alle 10 per farne ritorno alle 12».

La particella ne equivale, in questo caso, a “in” o eventualmente ad “a”: “(…) per fare ritorno in casa/a casa”.

La costruzione è corretta?

 

RISPOSTA:

No, la forma corretta, semmai, sarebbe: «…per farvi ritorno…». La particella pronominale atona ne, infatti, può pronominalizzare un complemento di moto da luogo («andò a Roma e ne ripartì subito dopo», cioè ripartì da Roma), oppure un complemento partitivo: «Quanta ne vuoi? Ne vuoi una fetta?»; o qualche altro complemento (per es. di argomento). Ci e vi, invece, pronominalizzano i complementi di stato in luogo, moto a luogo e moto per luogo. Peraltro, nel suo esempio, neppure vi sarebbe il massimo, ma suonerebbe un po’ ridondante e burocratico: che bisogno c’è, infatti, di specificare il luogo? È ovvio che torni a casa. E inoltre, è proprio necessario quel brutto verbo supporto, da antilingua calviniana, fare ritorno? Senta com’è più naturale così: «Uscì di casa alle 10 per ritornare alle 12». Evviva la semplicità!

Fabio Rossi

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Categorie: Morfologia, Semantica

QUESITO:

  1. Esiste una varietà di discipline, quali quelle umanistica, artistica e scientifica.

Vorrei sapere se la costruzione è corretta, o se sarebbe consigliato strutturarla in maniera leggermente diversa sul piano della flessione.

  1. Esiste una varietà di discipline, quale quella umanistica, quella artistica e quella scientifica.
  2. Esiste una varietà di discipline, quali quella umanistica, quella artistica e quella scientifica.

 

RISPOSTA:

La 1 e la 3 sono parimenti corrette, mentre la seconda presenta un errore di accordo in quale, che deve concordare con discipline, da cui dipende, e non con quella né con varietà. In verità, pur corrette, la prima e la terza frase sono entrambe un po’ faticose e ridondanti, soprattutto la terza, per via della ripetizione di quella. Forse si potrebbe snellire il tutto così: «ci sono diversi ambiti disciplinari: umanistico, artistico e scientifico». In effetti, più che di disciplina, si sta qui trattando di ambiti disciplinari (ciascuno strutturato, al suo interno, in diverse discipline: la letteratura, la filologia ecc.; la biologia, la fisica ecc.

Fabio Rossi

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QUESITO:

È corretto usare espressioni come risposta inviata a mezzo mailrichiesta evasa a mezzo pec, oppure è più corretto l’uso della locuzione per mezzo mailper mezzo pec?

 

RISPOSTA:

Le locuzioni preposizionali a mezzocon il mezzoper il mezzoper mezzo sono tutte attestate nella storia della lingua italiana, con fortuna diversa a seconda delle epoche e del gusto dei parlanti. Il Grande dizionario della lingua italiana, infatti, le riporta tutte insieme come varianti della stessa locuzione (s. v. Mèzzo^2^). Bisogna, però, ricordare che tutte queste varianti sono, nell’italiano standard, completate dalla preposizione di, quindi a mezzo dicon il mezzo diper il mezzo diper mezzo di. Contro a mezzo di si pronunciano Pietro Fanfani e Costantino Arlía nel loro famoso “Lessico dell’infima e corrotta italianità” del 1881, un dizionario di voci considerate dai due studiosi scorrette o ingiustificate. Il dizionario ottocentesco suggerisce che a mezzo di sia un calco del francese au moyen (ma chiaramente intende au moyen de) e sostiene che non ci sia motivo per usare in italiano questa espressione perché a non può sostituire per (quindi a mezzo non può sostituire il ben più comune per mezzo) e perché la locuzione a mezzo esiste già e significa ‘a metà’. Il dizionario registra persino l’uso del simbolo matematico 1/2 al posto della parola mezzo nella locuzione, ovviamente condannandolo sprezzantemente, a testimonianza che la sostituzione delle parole con i numeri era una strategia già sfruttata a metà Ottocento.
Gli argomenti dei due studiosi contro a mezzo di funzionano in ottica puristica: non c’è motivo di introdurre in una lingua nuove espressioni se la lingua ha già gli strumenti per esprimere gli stessi concetti. Bisogna, però, rilevare che molte parole ed espressioni sono entrate in italiano da altre lingue in ogni epoca, anche se la lingua italiana in quel momento aveva strumenti espressivi equivalenti; l’innovazione, l’accrescimento, l’adattamento ai tempi sono fenomeni fisiologici in una lingua. Inoltre, l’ipotesi che a mezzo di si confonda con a mezzo è pretestuosa: intanto la preposizione di distingue nettamente le due espressioni, e poi il loro significato e la loro funzione sintattica sono talmente diversi che è impossibile scambiare l’una per l’altra.
Rispetto ad a mezzo di, oggi si va diffondendo a mezzo, senza la preposizione di. Ferma restando l’impossibilità di confondere anche questa variante accorciata della locuzione preposizionale con la locuzione avverbiale a mezzo (peraltro oggi rarissima), rileviamo che tale accorciamento è tipico dell’italiano contemporaneo: le preposizioni cadono in espressioni come pomeriggio (per di pomeriggio) e, proprio nel linguaggio burocratico, (in) zona (per nella zona di) in frasi come “La viabilità in zona Olimpico è stata ripristinata” (o anche “La viabilità zona Olimpico è stata ripristinata”), causa (per a causa di) in frasi come “La ditta dovrà pagare una penale causa ritardo dei lavori” e simili. L’eliminazione della preposizione è, come si vede dagli esempi, adatta a contesti burocratici o, in alcuni casi, contesti comunicativi rapidi e informali (è favorita, per esempio, dalla scrittura di messaggi istantanei); è facile prevedere, però, che le riformulazioni accorciate di queste espressioni diventeranno prima o poi più comuni di quelle complete, fino a scalzarle del tutto dall’uso. Non a caso, nella sua stessa domanda lei propone di sostituire a mezzo con per mezzo, ugualmente priva della preposizione di.
Fabio Ruggiano

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QUESITO:

Ho un dubbio sull’uso del congiuntivo/condizionale avesse / avrebbe nella frase che segue.

L’ufficio ha quindi proceduto all’istruttoria ed all’esitazione delle istanze per impedire da un lato che il condono potesse agire da “scudo giudiziario” (in quanto la presentazione della domanda di condono sospende il procedimento penale e quello per le sanzioni amministrative) e dall’altro per evitare all’ente eventuali richieste di risarcimento da chi avesse / avrebbe voluto avere ragione della propria istanza di sanatoria prima che l’AG procedesse, ad ogni modo, all’abbattimento dell’immobile abusivo.

 

RISPOSTA:

Il dubbio tra il condizionale passato e il congiuntivo trapassato dipende dalla presenza, nella frase, di due possibili momenti di riferimento, uno precedente al volere avere ragione (coincidente con il procedere all’istruttoria e all’esitazione delle istanze), uno successivo (coincidente con il procedere all’abbattimento). Il condizionale passato ha la funzione di esprimere la posteriorità rispetto a un punto prospettico collocato nel passato, quindi descrive il processo del volere avere ragione come posteriore all’evento, passato, del procedere all’istruttoria e all’esitazione delle istanze. Il congiuntivo trapassato, diversamente, descrive il volere avere ragione come precedente rispetto all’evento, pure passato (ma, attenzione, successivo al procedere all’istruttoria e all’esitazione delle istanze), del procedere all’abbattimento. Entrambe le scelte sono, pertanto, legittime in astratto; entrambe, però, presentano dei difetti: la prima non veicola alcuna sfumatura eventuale, che sarebbe, invece, utile; la seconda veicola sì un senso di eventualità (per via della sovrapposizione tra la proposizione relativa e la condizionale: da chi avesse voluto = se qualcuno avesse voluto), ma costringe a cambiare il momento di riferimento a metà frase, creando una certa ambiguità (il volere avere ragione precede il procedere all’abbattimento o il procedere all’istruttoria e all’esitazione delle istanze?). Consigliamo, allora, una terza soluzione: il congiuntivo imperfetto (da chi volesse avere ragione), che non cambia il momento di riferimento e veicola una sfumatura eventuale. Il congiuntivo imperfetto ha, inoltre, il vantaggio di essere percepito come più formale del condizionale passato, quindi più appropriato a un contesto come questo.
Fabio Ruggiano
Francesca Rodolico

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QUESITO:

Chiedo delucidazioni sull’uso dell’espressione proseguire gli studi.
Queste forme sono tutte corrette e alternative?
PROSEGUIRE GLI STUDI AL CORSO DI STUDI…
PROSEGUIRE GLI STUDI PRESSO IL CORSO DI STUDI…
PROSEGUIRE GLI STUDI NEL CORSO DI STUDI…

 

RISPOSTA:

La variante più naturale è nel corso di studi. Accanto a questa si può usare presso ilpresso, infatti, è usato comunemente con il significato di ‘in, dentro’, sebbene significhi propriamente ‘vicino a’ e sebbene l’uso con il significato di ‘in’ sia più adatto all’ambito burocratico. La scelta più insolita sarebbe al, visto che la preposizione a _è preferita per introdurre ambienti associati fortemente a specifiche esperienze (_a casaa scuolaall’università) oppure ambienti dai confini non facilmente determinabili (a Romaa Venezia, ma in Italia). Possibile sarebbe anche riformulare la frase inserendo il verbo iscriversi, per esempio così: proseguire gli studi iscrivendosi al corso di (o anche nel corso). In questo caso la preposizione a _(o _in) sarebbe richiesta direttamente dal verbo.
Fabio Ruggiano

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QUESITO:

Ho bisogno del vostro aiuto per capire come interpretare uno dei criteri previsti per l’authorship di un articolo su una rivista scientifica.
La frase, tradotta da me in italiano è la seguente:
“Contributi sostanziali all’ideazione o alla progettazione dell’opera; o all’acquisizione, analisi o interpretazione di dati per il lavoro”.
Dalla prima parte della frase mi è chiaro che è sufficiente avere contribuito in maniera sostanziale all’ideazione O alla progettazione dell’opera; ho però un dubbio su come interpretare la seconda parte della frase, laddove si tratta dell’analisi dei dati. Tra acquisizione e analisi è possibile che si intenda una E, oppure, visto che l’ultima congiunzione dell’elenco può essere solo sottintesa (senza alcun dubbio) una O?
Per completezza riporto anche la frase originale inglese:
“The ICMJE recommends that authorship be based on the following 4 criteria:
Substantial contributions to the conception or design of the work; or the acquisition, analysis, or interpretation of data for the work; AND (…)”.

 

RISPOSTA:

Si tratta di tre alternative; per attribuirsi il titolo di author, cioè, bisogna aver contribuito sostanzialmente almeno a una delle tre fasi di elaborazione del lavoro (oppure anche a nessuna delle tre, se si è contribuito alla ideazione o alla progettazione).
Ovviamente, bisogna considerare anche gli altri tre criteri (qui non riportati), che sono chiaramente indicati come aggiuntivi (non alternativi) tramite AND.
Sottolineo che in italiano bisogna ripetere la preposizione articolata o almeno l’articolo davanti a tutti i membri dell’elenco: oppure all’acquisizione, all’analisi o all’interpretazione / oppure all’acquisizione, l’analisi o l’interpretazione.
Fabio Ruggiano

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QUESITO:

“Le ricordo che, qualora ci fosse bisogno di contattarci in tempo reale, al momento della sottoscrizione del modulo le abbiamo indicato i nostri recapiti telefonici.”

Vorrei sapere se il periodo è sintatticamente corretto, oppure se sarebbe preferibile evitare di “spezzare” la proposizione principale con una subordinata (in questo caso, “qualora ci fosse…”).

 

RISPOSTA:

La frase è ben costruita e l’inciso, segnalato opportunamente dalle due virgole, non crea problemi alla comprensione del messaggio. Tuttavia, il testo, che sembra di natura amministrativa, può essere semplificato:

  1. spostando l’inciso all’inizio o alla fine del periodo, in modo tale da non spezzare la proposizione principale (“Qualora ci fosse bisogno di contattarci in tempo reale, le ricordo che al momento della sottoscrizione del modulo le abbiamo indicato i nostri recapiti telefonici.” / “Le ricordo che al momento della sottoscrizione del modulo le abbiamo indicato i nostri recapiti telefonici, qualora ci fosse bisogno di contattarci in tempo reale”);
  2. sostituendo la congiunzione composta qualora con quella semplice se (“Se ci fosse bisogno di contattarci in tempo reale, le ricordo che al momento della sottoscrizione del modulo le abbiamo indicato i nostri recapiti telefonici.”);
  3. riducendo le informazioni non necessarie o ridondanti (in tempo reale non si presta bene a designare un servizio telefonico; semmai, potrebbe essere attribuito a un servizio di messaggistica istantanea).

Raphael Merida

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Categorie: Morfologia, Sintassi

QUESITO:

Nel mio lavoro di rilevazione degli incidenti stradali, quando si raccoglie la dichiarazione è prassi scrivere: “proveniente da Via X percorrevo Via Y in direzione di Piazza Z …”. Io però preferisco cominciare usando il gerundio: “Provenendo da …”. L’inizio con il participio presente in funzione verbale è da ritenersi errato, tollerato o corretto? Se corretto non è comunque preferibile il gerundio?

 

RISPOSTA:

Il participio presente con funzione verbale è raro e solitamente sgradito dai parlanti (anche se non può essere definito scorretto). Si usa quasi esclusivamente in ambito burocratico, da cui proviene, non a caso, il suo esempio; anche in questo contesto, però, può essere sostituito da altre forme, come il gerundio, nell’ottica di un salutare avvicinamento del burocratese alla lingua comune.
Fabio Ruggiano

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Categorie: Morfologia

QUESITO:

E’ giusto scrivere: “Quadri orario o quadri orari” , “Moduli orari o moduli orario”?
 

 

RISPOSTA:

Vanno bene entrambe le soluzioni, in italiano. L’una, più tradizionale (quadri orarimoduli orari), tratta il secondo termine come aggettivale e dunque lo accorda col sostantivo precedente, mentre l’altra (più sul modello inglese, e dunque forse meno apprezzata in uno stile più tradizionale) tratta orario come sostantivo con ellissi della preposizione reggente: cioè quadro orario = quadro dell’orario. I sintagmi con omissione della preposizione (come anche, ad es., monte ore), ancorché ammissibili, hanno spesso un sapore tra il tecnologico e il burocratico sgradito ai palati più raffinati e pertanto, se possibile, potrebbero essere utilmente sostituiti dai costrutti più tradizionali (quadri orarimoduli orarimonte orario ecc.).

Fabio Rossi
 

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QUESITO:

Volevo chiedervi alcuni consigli per riformulare una frase che vorrei usare in due testi diversi. Io ho provato a riformularla, però non so se  possa risultare un tantino ripetitiva; perciò vi chiedo se posso riscriverla meglio. Inoltre volevo sapere se il termine suddetto e la locuzione [non so se sia giusto definirla così] di cui sopra possano essere utilizzati per far riferimento a quanto descritto in precedenza, o se fossero meglio altri termini, come sopra descritte sopracitate.

1a) Svolgi tutte le azioni di cui sopra in modo disinvolto e deciso, mostrandoti disinteressata e noncurante a tutto ciò che ti sta intorno.
1b) Esegui tutte le suddette azioni con disinvoltura e decisione, mostrandoti distaccata e indifferente a tutto ciò che ti sta attorno.

 

RISPOSTA:

Entrambe le frasi da lei proposte vanno bene, con preferenza per la seconda versione (con disinvoltura è sicuramente più agile, rispetto a in modo disinvolto). Sono però forse proprio quel suddetto e di cui sopra a renderle un po’ troppo burocratiche. Non si potrebbero eliminare? in fondo, se qualcosa è stato già detto non c’è bisogno di sottolinearlo: in quanto già detto, il lettore è in grado da sé di recuperarlo.
Propongo pertanto la seguente versione ulteriormente semplificata della frase:

Svolgi tutte le azioni [oppure: queste azioni] con disinvoltura e decisione, mostrandoti distaccata e indifferente a ciò che ti sta attorno.

Ripeto: suddetto e di cui sopra (sì, è una locuzione aggettivale) sono corretti e vanno bene per esprimere qualcosa che è stato già detto in precedenza, ma si confanno meglio a uno stile burocratico che a uno medio, piano e narrativo. In quest’ultimo caso, possono essere omessi oppure sostituiti con locuzioni più agili quali “di cui abbiamo già parlato”, “di cui s’è già detto”, “già nominate”, “già descritte” e simili.

Fabio Rossi

Parole chiave: Lingua della burocrazia
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QUESITO:

Vorrei inoltrarvi due quesiti.
Il primo di questi riguarda la negazione “né”.
– La comunicazione potrà essere diffusa entro la fine della settimana, senza però che il suo contenuto sia circolato negli uffici, né (che) abbia subito modifiche.
–  Si può inviare una domanda che non contenga richieste specifiche, né (che) sia stata presentata ad altri uffici?
– Senza essere stato nominato né aver ottenuto riconoscimenti in precedenti competizioni, l’autore è libero di presentare le sue opere?
Le tre costruzioni sono corrette dal punto di vista sintattico? I “che” indicati tra parentesi nelle prime due sono consigliati, errati o a discrezione dello scrivente?

 

RISPOSTA:

 significa letteralmente ‘e non’, quindi si può usare soltanto in frasi che richiederebbero, se non coordinate, un non inziale. Senza non equivale a non, sebbene esprima, ovviamente, l’idea negativa della privazione. Dunque se a senso, e nell’italiano informale, le alternative da lei proposte sono accettabili, non lo sono a rigore secondo l’italiano atteso in un testo formale. Eccone le possibili riscritture, che tengono conto anche della richiesta sull’uso di che e di altri fattori.
– La comunicazione potrà essere diffusa entro la fine della settimana, senza però che il suo contenuto sia circolato prima negli uffici e senza che abbia subito modifiche. In questo caso andrebbe aggiunto un prima, forse: se la notizia può essere diffusa, come potrebbe non circolare? Inoltre, l’intera frase è davvero molto faticosa (anche a causa di quel sia circolato, che tra l’altro andrebbe preferibilmente cambiato in abbia circolato). Eccone una possibile variante più elegante, più chiara e meno burocratica: La comunicazione potrà essere diffusa entro la fine della settimana; prima di allora, non potrà circolare negli uffici né essere modificata.
–  Si può inviare una domanda che non contenga richieste specifiche, né [il che non si ripete quasi mai, in coordinazione a precedente proposizione con che] sia stata presentata ad altri uffici (oppure: e che non sia stata presentata ad altri uffici). Questa frase è davvero strana: perché mai una domanda non dovrebbe contenere richieste specifiche, dal momento che è, per l’appunto, una domanda, cioè una richiesta? Insomma, il primo requisito di un testo è che dica cosa sensate, non senza senso, di là dalla forma in cui è scritto.
– Senza essere stato nominato e senza aver ottenuto riconoscimenti in precedenti competizioni, l’autore è libero di presentare le sue opere? Anche qui si può esprimere lo stesso concetto in modo più chiaro, elegante e meno faticoso: Un autore che non abbia presentato domande ad altre competizioni può presentare le sue opere?

Fabio Rossi 

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QUESITO:

Chiedo, cortesemente, se il seguente testo va bene: “Gent.mo Dirigente F,
sono con la presente per comunicarLe che nel mese di giugno mi ha contattato/sono
stata contattata il Dirigente S. e mi ha comunicato/ che mi ha comunicato  che il
prossimo anno scolastico mi verranno assegnate due classi seconde. Ha individuato
anche le docenti che mi dovrebbero sostituire in terza. Spero tanto che Lei tenga
conto di questa disposizione, voluta per tutelare le classi, visto che… “
 

 

RISPOSTA:

Diciamo che lo stile burocratico come al solito è sgradevolmente quanto inutilmente pomposo, e la sintassi delle alternative che propone non sempre è corretta. Ecco una possibile riscrittura, con le relative varianti.
“Gent.mo dirigente F.,

nel mese di giugno mi ha contattato il dirigente S. [oppure: sono stata contattata dal dirigente S.] e mi ha comunicato che [oppure: il quale mi ha comunicato che; oppure: comunicandomi che] il prossimo anno scolastico mi verranno assegnate due classi seconde. Ha individuato anche le docenti che mi dovrebbero sostituire in terza. Spero tanto che Lei tenga conto di questa disposizione, voluta per tutelare le classi, visto che… “

Fabio Rossi

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QUESITO:

Quale delle tre frasi è corretta?
1. “Gent.le dottore, Le comunico che ieri ho chiamato in Regione per informazioni in merito al vaccino anti COVID, ho anche sentito il sindaco che mi confermato che posso prenotarmi”.
2 “Gent.le dottore, Le comunico che ieri ho chiamato in Regione per informazioni in merito al vaccino anti COVID, ho anche sentito il sindaco, ENTRAMBI (Regione e sindaco) mi hanno confermato che posso prenotarmi”, però la regione non è una persona!?
3. “Gent.le dottore, ieri ho chiamato in Regione in merito al vaccino anti COVID, mi è stato detto (= persona con la quale ho parlato) che posso prenotarmi; ciò mi è stato confermato anche dal sindaco”.

 

RISPOSTA:

Le tre frasi differiscono in diversi punti e sono tutte migliorabili nella composizione, sebbene nessuna contenga errori grammaticali evidenti. 
Nella prima frase si attribuisce l’autorizzazione al solo sindaco (il verbo confermare non è sufficientemente esplicito circa il ruolo della Regione); se, però, la fonte dell’autorizzazione è anche la Regione è consigliabile chiarire questa informazione.
Nella seconda frase il pronome entrambi è effettivamente innaturale se riferito a un’istituzione.
L’espressione chiamare per informazioni, inoltre, è fortemente burocratica: più comune sarebbe chiamare per chiedere / avere / ricevere informazioni.
La terza frase risulta, in conclusione, la migliore; questa può essere, però, migliorata nella punteggiatura: “Gent.le dottore, ieri ho chiamato in Regione in merito al vaccino anti COVID: mi è stato detto che posso prenotarmi; ciò mi è stato confermato anche dal sindaco”.
Un’altra piccola limatura si potrebbe fare sul piano della coesione: “Gent.le dottore, ieri ho chiamato in Regione in merito al vaccino anti COVID e mi è stato detto che posso prenotarmi per la somministrazione. L’informazione mi è stata confermata anche dal sindaco”. In alternativa alla forma impersonale mi è stato detto (che comunque va bene), infine, si può esplicitare il riferimento: la persona con cui ho parlato / il responsabile del servizio mi ha detto o altro.
Fabio Ruggiano

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QUESITO:

Ho qualche dubbio in merito alla seguente affermazione. Il vogliate che spesso si usa all’interno di questa frase non mi convince:
“Nel caso in cui aveste ricevuto questo mail per errore, vogliate avvertire il mittente al più presto a mezzo posta elettronica e distruggere il…”

 

RISPOSTA:

La forma è pienamente legittima, sebbene adatta a contesti molto formali o burocratici. Si tratta del congiuntivo presente, seconda persona plurale, del verbo volere, qui con la funzione esortativa, ovvero finalizzato a indurre il ricevente a fare una certa azione. Il congiuntivo esortativo è la forma che sostituisce l’imperativo in contesti formali; l’alternativa a vogliate avvertire, infatti, è avvertite, decisamente più diretta e aggressiva.
L’accordo al maschile con il nome mail (ma in realtà dovrebbe essere e-mail, o email) è al limite dell’accettabilità. Il nome e-mail è comunemente femminile, per cui ci si aspetterebbe questa e-mail, non questo mail. Il maschile non si può definire un errore in assoluto, visto che il genere dei prestiti dall’inglese è soggetto a oscillazione, ma visto che questo nome è saldamente femminile, il maschile appare discutibile.
Fabio Ruggiano

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QUESITO:

Vorrei sapere se il verbo esitare possa essere utilizzato transitivamente col significato di ‘dare esito aì  nella terminologia della linguistica e delle materie affini. Esempio: “Le palatali indoeuropee esitano velari o palatali”, col significato di ‘danno esito a velari o palatali’.

 

RISPOSTA:

Il verbo esitare 2 (derivato da esito), diverso da esitare 1 (trasfornazione dal latino haesitare), significa ‘smerciare, vendere al dettaglio’, ‘recapitare’ o ‘risolversi in un certo modo’. Nel primo caso si usa soltano in riferimento a merci, nel secondo in riferimento a posta o simili, ed è un burocratismo, nel terzo riferito a malattie in espressioni come esitare in guarigioneesitare in demenzaesitare in una forma di nanismo (tutti esempi autentici tratti da Internet). Si noti che in quest’ultimo caso il verbo non è transitivo, ma richiede sempre la preposizione in.
Escludo, quindi, che un’espressione come esitare velari o simili sia oggi accettabile.
Fabio Ruggiano

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QUESITO:

“La dichiarazione è sottoscritta e presentata unitamente a copia fotostatica di un documento di identità in corso di validità del sottoscrittore ai sensi degli articoli 35 e 38 del D.P.R. n. 445/2000.
Esenta da imposta di bollo ai sensi dell’art. 37 D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445″.

 

RISPOSTA:

La voce esenta in questione potrebbe anche rappresentare, come da lei suggerito, un caso di verbo con soggetto sottinteso (e anche con oggetto sottinteso: esenta il sottoscrittore), ma sarebbe assai strano, in un testo burocratico che tende, semmai, all’iperspecificazione piuttosto che all’omissione. Sarebbe corretto ma comunque non comune, anche in un testo non burocratico, dal momento che il verbo esentare richiede di norma tutti i suoi argomenti: chi esenta chi da che cosa. È dunque più plausibile pensare a un refuso per esente, in una frase nominale, tipica dello stile burocratico. Vale a dire che la dichiarazione non richiede l’imposta di bollo, ma può esser fatta in carta semplice.
Purtroppo, quello da lei sottopostoci è un ennesimo esempio delle falle dei testi burocratici, che riescono a rendere criptici anche i concetti più semplici. Fosse per me, lo riscriverei così: 
 

“La dichiarazione deve essere firmata ed essere presentata insieme alla fotocopia di un documento di identità valido ai sensi degli articoli 35 e 38 del D.P.R. n. 445/2000.
La dichiarazione va presentata in carta semplice, senza imposta di bollo ai sensi dell’art. 37 D.P.R. 28 dicembre 2000 n. 445″.

Fabio Rossi

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QUESITO:

Io lavoro all’università e malgrado la mia, diciamo così, buona conoscenza dell’italiano, mi trovo a chiedere sempre: ma come devo scrivere: l’8 aprilel’1 aprilelo 08 o lo 01? O è meglio scrivere il 1° o scriverlo in lettere? Inoltre, si scrive dall’1 o dallo 01?
E poi conseguente o consequente? Io ho scritto conseguente perchè da una azione primaria dovrebbero seguirne altre… consequenziali (o conseguenziali?). Sono giuste tutte e due?

 

RISPOSTA:

Tutti dubbi più che legittimi, stia pur tranquillo/a, e condivisi dalla gran parte degli italiani, anche colti, per via del fatto che certe cose non vengono (quasi) mai spiegate dalle grammatiche, oppure perché l’italiano è più elastico (e dunque ammette più soluzioni) di quanto comunemente si creda. Rispondiamo con ordine a tutte le sue domande.
1) Decisamente meglio l’8, l’11 ecc. La soluzione con lo zero davanti è tipicamente burocratica e da riservarsi a quei formulari che pretendono due cifre per ogni numero: 04/05/15 per il 4 maggio del 2015, per intenderci.
2) Se però il giorno del mese è il primo (nella scrittura distesa, meglio scrivere i numeri a lettere, piuttosto che in cifre, ma nelle date secche, e nei formulari burocratici, la scrittura in cifre è obbligatoria), allora sarebbe meglio scrivere “1° maggio”, piuttosto che “1 maggio”, e pronunciare “primo maggio” (o giugno ecc.) piuttosto che “uno maggio”. Questo per via della consuetudine antica (conservatasi quasi soltanto per il primo giorno di ogni mese) di intendere il numero del giorno come numero ordinale (primo, secondo ecc., sottinteso giorno) e non cardinale. Comunque, anticamente, si utilizzavano per le date anche i numeri cardinali, ma li si introduceva con gli articoli: per es., “li 22 di aprile”. Sottinteso: giorni. Naturalmente, li è un articolo arcaico, oggi non più possibile, anche se rimasto disponibile nei soliti formulari burocratici: es. Messina, li… Dato che è articolo e non avverbio di luogo, la forma con l’accento (pure talora attestata) è erronea: Messina, lì… Erronea perché, come ripeto, non si tratta di un avverbio di luogo.
3) Si dice e si scrive “dal 2 all’8”, “dal 1° al 10 luglio” e simili. Ovviamente, se il formulario impone sia l’articolo sia lo zero iniziale, l’unica forma corretta non può che essere “dallo 01 allo 08”, anche se, come ripeto, è brutto (sia a vedersi scritto, sia a sentirsi pronunciato) e burocratico. Meglio sempre senza zero.
4) Seguente e conseguente si scrivono con la g in quanto derivano direttamente dall’italiano, come participi presenti del verbo seguire. Invece consequenziale è ripreso dalla forma latina consequentia, e per questo si scrive con la q. Si tratta comunque, all’origine, sempre di eredi del verbo latino sequi. Tuttavia, quando la parola che ne è derivata in italiano ha avuto una trafila etimologica popolare, vale a dire di uso ininterrotto dall’antichità fino ad oggi, con tutti gli inevitabili cambiamenti fonetici, la q si è trasformata (tecnicamente, sonorizzata) in g, come in conseguenzaseguire ecc. Quando, invece, la parola che ne è derivata ha seguito una trafila dotta, recuperando cioè artificiosamente l’antica forma latina, la q si è mantenuta: sequenzaconsequenziale. Spessissimo, dalla medesima forma latina, derivano diverse forme italiane (dette allotropi) con esiti fonetici diversi. Per es., dal latino vitium derivano tanto l’italiano vizio, quanto l’italiano vezzo. Da radium derivano radiorazzo e raggio ecc. ecc.
Fabio Rossi
 

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QUESITO:

Vorrei sapere se le seguenti frasi sono corrette:

1. Proporrei di fargli direttamente un bonifico di €…… Incluse le eventuali spese per motivi aggiunti.

2. È come se gli stessimo dicendo:”non fare più nulla perché siamo disposti ad aderire al ricorso”

RISPOSTA:

Le frasi sono sintatticamente ben formate. Ho sostituito aggiunti con aggiuntivi e qualche altro dettaglio grafico. Per quanto riguarda € …, infine, la sequenza “ + importo” è di stampo burocratico, quindi adatta a comunicazioni istituzionali; in una comunicazione ufficiosa come quella qui considerata, è preferibile “importo + “, o anche “importo + euro“.
Ecco il risultato:

1. Proporrei di fargli direttamente un bonifico di … euro / €, incluse le eventuali spese per motivi aggiuntivi.

2. È come se gli stessimo dicendo: “Non fare più nulla perché siamo disposti ad aderire al ricorso”.

Fabio Ruggiano

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Categorie: Morfologia, Sintassi

QUESITO:

[…] ho un dubbio su come coniugare il verbo in
questa frase: La povertà, nonché la guerra, è/sono causa delle migrazioni.

 

RISPOSTA:

Se si usa nonché come inciso, allora il verbo è meglio metterlo al singolare: “La povertà, nonché la guerra, è causa delle migrazioni”. Tuttavia, suggerirei di non usare il nonché, che ha un sapore burocratico, ma di usare direttamente due soggetti, e dunque con il verbo al plurale: “Le due principali cause delle migrazioni sono la povertà e la guerra”. Sempre meglio essere chiari, semplici e lineari: se le cause sono due, meglio dirlo subito, anziché occultarne una dietro un nonché.

Fabio Rossi

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QUESITO:

Buongiorno, vorrei sapere, per cortesia, se ho scritto bene la seguente frase (ho seri problemi con i verbi, pur conoscendoli a volte trovo serie difficolta ad applicarli): “Ti scrivo per chiederti se hai ricevuto l’isee corretto e se ci sono i presupposti per agire via legale chiedendo il gratuito patrocinio”.

 

RISPOSTA:

Cara Marcella, nella sua frase i verbi sono usati correttamente; l’unico appunto che muoverei è su “agire via legale”, che sembra un burocratismo fuori luogo: meglio sarebbe “agire per vie legali”.

Fabio Ruggiano

Parole chiave: Lingua della burocrazia, Verbo
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Categorie: Punteggiatura, Sintassi

QUESITO:

È scritto bene: “Questi due cagnolini sono stati abbandonati e successivamente
trovati nell’abitazione di una signora, la quale non può più tenerli. Se non
viene trovata il prima possibile una soluzione, hanno detto che saranno presi
provvedimenti riguardo la soppressione!”?

 

RISPOSTA:

Il testo è un po’ faticoso, ma può andare, in quanto non presenta errori veri e propri. Se ne potrebbe suggerire una riscrittura più elegante di questo tipo: “I due cagnolini, dopo essere stati abbandonati, sono stati ritrovati nell’abitazione di una signora che non può tenerli. Se non se ne trova presto una sistemazione, i due cagnolini potrebbero essere soppressi”.
Gli elementi meno felici (troppo contorti o ridondanti, ma non del tutto erronei) del primo testo sono i seguenti:
1) “hanno detto”: chi l’ha detto? Se è generico, è meglio eliminarlo.
2 “Riguardo alla” è migliore rispetto a “riguardo la”.
3) L’espressione “saranno presi provvedimenti riguardo la soppressione” è inutilmente involuta e burocratica.
4) Il punto esclamativo finale è ingenuo (in quanto inutilmente enfatico) e non ha alcuna ragion d’essere.

Fabio Rossi

Parole chiave: Lingua della burocrazia
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