Questa mattina, presso l’Aula Magna del Rettorato dell’Università degli Studi di Messina, si è tenuta la Tavola Rotonda sul tema “A cinquecento anni da ‘Il Principe’. Etica e politica dopo Machiavelli”. Dopo i saluti dell’Ateneo da parte del Rettore, prof. Pietro Navarra, l’incontro, moderato dal prof. Carmelo Romeo, ha visto partecipare il prof. Girolamo Cotroneo, Ordinario di Storia della Filosofia dell’Ateneo peloritano, il prof. Domenico Losurdo, Ordinario di Storia della Filosofia presso l’Università di Urbino, il prof. Giacomo Marramao, Ordinario di Filosofia Teoretica nell’Università di Roma Tre, e il prof. Gaetano Silvestri, Presidente della Corte Costituzionale.
«Machiavelli ha introdotto un punto di discontinuità nel campo dell’organizzazione e della società – ha esordito il prof. Federico Martino, Coordinatore del Laboratorio per la Critica dell’Economia Politica – presentando un’analisi spassionata e scientifica di fenomeni in cui le forze della società s’incontrano e si scontrano in un rapporto di quasi naturalità. “Il Principe” è figlio di una durissima sconfitta, scritto dopo il collasso della Repubblica fiorentina e la riflessione di Machiavelli sulla necessità di dover reagire».
«È interessante notare come sia stato recepito il problema posto nel “Principe” dalla cultura liberale italiana – ha spiegato il prof. Cotroneo – Benedetto Croce, in particolare, propose una specie di compromesso tra etica e politica. Il liberalismo italiano accetta Machiavelli perché pone al centro della politica lo Stato, la sua autonomia».
«Machiavelli scrisse di come il principe ricorra all’inganno – ha dichiarato il prof. Losurdo – Illustri studiosi hanno individuato in Marx e Freud i primi grandi maestri del sospetto. Prima di loro, a mio giudizio, va collocato proprio l’autore del “Principe”, in cui possiamo individuare una visione tragica della storia».
«L’autore fiorentino non ha nulla a che fare con la tradizione della ragion di stato – il giudizio del prof. Marramao – È, piuttosto, un teorico innovativo del potere: la politica è arte e tecnica finalizzata alla sua conquista e mantenimento. Mai nessuno, prima di Machiavelli, aveva ammesso tutto ciò in maniera così chiara».
«Machiavelli, nella sua opera, si duole del frazionamento del dominio politico in Italia – ha concluso il prof. Silvestri – Egli pone l’accento sul ruolo della forza nell’esercizio del diritto politico e illustra la figura di un principe in grado di creare e mantenere uno Stato-nazione. Laddove, invece, il potere è in via di consolidamento, il ruolo di tale forza viene in secondo piano rispetto alla stabilità dello Stato. La politica, per Machiavelli, va valutata non sulla base di ciò che è morale o no, ma del raggiungimento del fine».