Ieri 7 novembre, nell’Aula Cannizzaro dell’Ateneo si è inaugurato il 1° corso avanzato sulle inchieste aeronautiche, organizzato dal CUST Euromed e dalla cattedra di diritto aeronautico in collaborazione con l’Associazione sicurezza volo – Centro Studi di Roma.
Dopo i saluti del Prof. Giovanni Moschella, che ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa, che conferma il ruolo di eccellenza svolto dal CUST nel settore della formazione e della ricerca in materia di trasporti, a livello nazionale ed europeo, il Prof. Giuseppe Vermiglio è entrato nel vivo della materia sottolineando la contrapposizione netta tra le finalità preventive perseguite dall’inchiesta tecnica e le finalità repressive cui è ispirata l’inchiesta giudiziaria e mettendo in luce l’esigenza di un migliore coordinamento – a livello normativo – tra le due indagini.
Quindi la Prof.ssa Pellegrino, Direttore del CUST e titolare della cattedra di diritto aeronautico, ha spiegato le ragioni che hanno ispirato l’attivazione di un corso avanzato sulle inchieste aeronautiche, prima tra tutti la diffusa cultura della “blame culture”, che condanna ogni forma di errore commesso dall’operatore aeronautico, nonostante il legislatore comunitario raccomandi agli Stati membri che il sistema dell’aviazione civile sia ispirato al principio di “just culture”, che distingue tra comportamenti accettabili e inaccettabili e favorisce la segnalazione spontanea di anomalie del sistema.
La docente, poi, ha ricordato che una prima applicazione di questo principio in Italia è stata operata dalla “legge Balduzzi”, che ha escluso la responsabilità penale del sanitario per colpa lieve, qualora si sia attenuto alle best practices e linee guida dettate dalla comunità scientifica.
La prima lezione è stata tenuta dal Prof. Bracco, docente di psicologia nell’Università di Genova, già allievo e poi docente ai corsi di James Reason, Professore emerito nelll’Università di Manchester, uno dei massimi esperti mondiali in tema di errore umano. Il Seminario del Prof. Bracco sul tema: “Safety Culture in Complex Systems: Proactive and Reactive Resilience” ha evidenziato le interrelazioni tra i tre pilastri della sicurezza: l’uomo, la macchina e l’ambiente, quest’ultimo inteso anche come “organizzazione”, per una gestione del rischio che utilizza nuovi modelli che partono dallo studio del comportamento umano per cercare di comprendere come le persone interagiscono con l’ambiente e come ragionano quando sono immerse in contesti operativi complessi.