Individuate da un team multidisciplinare, coordinato dall’Università di Messina, 5 nuove specie di policheti pelagici che non erano mai state riscontrate nell’Adriatico meridionale, e in particolare nel Canale di Otranto, ritenuto un importante hotspot naturale della biodiversità planctonica marina.
L’importante rinvenimento, oggetto di uno studio pubblicato su Scientific Reports, è avvenuto nel corso di una campagna condotta da un team multidisciplinare coordinato dall’Università di Messina e dalla Stazione Zoologica Anton Dorhn (sede di Messina) al quale hanno partecipato anche l’Istituto di scienze marine (Ismar) del Consiglio nazionale delle ricerche di Venezia, e l’Università del Salento.
Lo studio è stato condotto nell’ambito del progetto CoCoNet (Responsabile scientifico Prof. L. Guglielmo) con la partecipazione di docenti di unime: Prof.ssa Antonella Granata del Dipartimento di Scienze Chimiche, Biologiche, Farmaceutiche e Ambientali, Prof.ssa Nancy Spanò, Delegata per le iniziative scientifiche a tutela dell’ambiente e del patrimonio marino, del Dipartimento di Scienze Biomediche, Odontoiatriche e delle Immagini Morfologiche e Funzionali, e il Prof. Giacomo Zagami del Dipartimento di Scienze Veterinarie.
L’area dell’Adriatico Meridionale -e il canale di Otranto in particolare- sono ritenuti un importante hotspot naturale per l’osservazione e lo studio della biodiversità planctonica marina.
Il rinvenimento è avvenuto nell’ambito di uno studio sulla distribuzione spaziale, la composizione e la struttura dimensionale della comunità di policheti pelagici in un’area chiave del Mediterraneo. Le cinque specie individuate – si aggiungono alle oltre 40 già descritte.
La potenziale ricchezza dei policheti pelagici nella zona del Canale di Otranto risulta di grande importanza: molte specie, infatti, non sono ancora state descritte.
I policheti sono un gruppo ampio e diversificato, presente negli habitat di acqua marina e di acqua dolce. “Sono comuni nello zooplancton marino, e sappiamo che svolgono un ruolo importante nella rete trofica pelagica e nella mineralizzazione della sostanza organica, ma alcuni aspetti restano ancora sconosciuti, ad esempio abbiamo poche informazioni sulla composizione delle varie comunità presenti nell’Adriatico meridionale e sul ruolo ecologico che queste svolgono (Prof. L. Guglielmo Stazione Zoologica Anton Dorhn – Sezione di Messina).
Lo studio ha, tuttavia, permesso di chiarire la relazione tra la presenza di questi organismi e i meccanismi oceanografici che regolano la circolazione delle acque marine nell’area compresa tra il Canale di Otranto, il Mar Ionio e il bacino Adriatico: “Il confronto tra la ricchezza delle specie nelle diverse masse d’acqua suggerisce che le acque ioniche superficiali siano il principale vettore delle specie nell’area, sebbene un contributo rilevante provenga anche dalle acque adriatiche profonde, che potrebbero alimentare –attraverso correnti di fondo e fenomeni di cascading, cioè di inabissamento di acque più salate e/o più fredde e quindi più dense – i bacini più profondi dell’Adriatico meridionale con forme larvali o giovanili di policheti pelagici che ritroviamo anche nell’Adriatico settentrionale. Come se, in prossimità del fondale marino, si aprissero delle ‘finestre di connettività’ che permettono a questi organismi di essere trasportati, specialmente nel periodo tardo-invernale o a inizio primavera”.
Scientific Reports (Springer Nature Limited), 20 dec. 2019: www.nature.com/articles/s41598-019-55946-6