È stato presentato, nel corso di una conferenza stampa svoltasi presso il pad. NI (piano 0) dell’AOU “G. Martino”, il progetto “Disturbo di Spettro Autistico: ricerca di biomarcatori per personalizzare le terapie esistenti e sviluppo nuove terapie farmacologiche e riabilitative”. All’appuntamento hanno preso parte, fra gli altri, l’On. Davide Faraone, Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute, il Rettore Unime, prof. Pietro Navarra, il dott. Michele Vullo, Commissario straordinario del policlinico, il dott. Giuseppe Laganga, Direttore amministrativo del Policlinico ed il prof. Antonio Persico, responsabile scientifico. Il progetto, presentato dall’Università di Messina, è stato finanziato con 3 milioni di euro dal Ministero dell’Economia e Finanze, accogliendo la proposta del Ministero della Salute. Il Disturbo di Spettro Autistico (DSA), nello specifico, rappresenta una grave patologia dello sviluppo, caratterizzata da deficit nelle interazioni sociali e nella comunicazione, nonché nei comportamenti ripetitivi e anomalie sensoriali. Tale patologia, ritenuta rara fino agli anni Novanta, al giorno d’oggi colpisce, secondo alcune stime, un bambino ogni 68 nati (1,5%). La predisposizione genetica gioca un ruolo determinante, difatti, i neonati fratelli o sorelle di bambini già diagnosticati con DSA hanno maggiore rischio di sviluppo della malattia (5-15 %), seppur dovuta a combinazioni individuali di varianti genetiche rare. Questa eterogeneità eziologica e clinica ha finora impedito interventi terapeutici personalizzati basati su una comprensione della fisioterapia del disturbo a livello del singolo paziente. Pertanto, la diagnosi è ancora basata sull’osservazione del comportamento del bambino e le terapie, che si prefigurano standardizzate, vengono riproposte in maniera quasi invariata a tutti i pazienti. Il progetto del Policlinico Universitario mira a definire, entro 4 anni, una procedura medica, psicodiagnostica e laboratoriale che consenta di prescrivere la “terapia giusta al paziente giusto”. Per fare ciò si punterà, particolarmente, all’identificazione di nuove azioni terapeutiche farmacologiche/nutraceutiche e riabilitative personalizzate e la sperimentazione di forme innovative di riabilitazione personalizzate sulla base dei deficit presenti nel singolo individuo. Contestualmente, fra gli obiettivi progettuali, vi è anche il confronto fra l’efficacia di due metodi riabilitativi diversi (ESDM/EIBI) per intervento precoce, da cui sarà possibile estrapolare precise indicazioni cliniche. Per raggiungere questo importante risultato in campo medico, la prima fase metodologica prevederà il reclutamento di almeno 400 famiglie, con uno o più bambini, adolescenti o adulti autistici, durante 4 anni. Successivamente alla raccolta dei biomateriali ed alle analisi sperimentali, si procederà invece all’identificazione della causa (o concause) di natura genetica finalizzata alla terapia nutriceutica o farmacologica necessaria. L’iter metodologico si compone anche di uno studio randomizzato controllato per tipologia di trattamento e test scientifici di natura cognitiva. Il progetto, altamente innovativo, ha un elevato potenziale di impatto positivo sul Sistema Sanitario Nazionale ed è destinato a fornire risposte concrete ed a generare benefici ai soggetti autistici in termini di autonomia sociale.
“Ci troviamo dinnanzi ad un risultato straordinario – ha esordito l’On. Faraone – e al sostegno per un progetto importante ed ambizioso. Ciò rappresenta il riconoscimento del fatto che questo tipo di disabilità, l’autismo, non comporta il fatto che tutti i soggetti autistici siano uguali, ma prende atto del fatto che invece si tratta di persone con una propria specificità per cui c’è bisogno di un intervento soggettivo. Questa ricerca ci dà la possibilità di essere più efficaci nell’intervento”.
“L’occasione odierna – ha detto il dott. Vullo – testimonia l’importanza che il tema dell’autismo riveste all’interno del Policlinico e colgo l’opportunità per auspicare la costituzione di una cabina di regia, una sorta di tavolo tecnico, che possa coinvolgere tutte le istituzioni interessate nella razionalizzazione di risorse finalizzate alla ricerca”.
“Ho avuto l’onore di seguire questo progetto – ha dichiarato il dott. Laganga – sin dalle origini e oggi siamo qui riuniti anche per illustrare il futuro che verrà. Già nel 2011, con il progetto ‘Prima Pietra’ l’azienda ospedaliera ha dimostrato il suo interesse per ciò che riguarda l’autismo e da allora la ricerca è stata continua. Questo è stato possibile grazie al supporto fondamentale dell’Università che ha contribuito in termini economici ed al reclutamento delle risorse umane necessarie per dare vita al piano interdipartimentale 0-90. Siamo, così, stati in grado di svolgere le nostre attività in house e, inoltre, col tempo sono stati individuati due posti letto esclusivamente dedicati ai soggetti autistici. L’Ateneo ha ottenuto il finanziamento di 3 milioni di euro per questo progetto di ricerca che potrà trarre beneficio dall’importante lavoro già svolto”.
“Ancora una volta – ha commentato il Rettore prof. Navarra – Università e azienda ospedaliera hanno dimostrato particolare attenzione in termini di qualità. La sinergia fra Ateneo e Policlinico si è sviluppata per conseguire obiettivi tangibili come quelli ottenuti con il progetto 0-90 che rappresenta un unicum nel panorama nazionale ed internazionale ottenuto grazie a soggetti dalle enormi e indiscusse capacità. Il messaggio è chiaro: solo in questa maniera è possibile attrarre le risorse e metterle a frutto nel modo giusto per continuare nella ricerca”.
“Mi occupo di ricerca – ha sostenuto il prof. Persico – dal 1997 e, da allora, la frustrazione più grande di tutti coloro i quali si interessano di questo ambito è quella di non avere parametri e marcatori oggettivi, per fornire le risposte necessarie alle famiglie ed alle persone autistiche. Servono cultura e conoscenza a monte dei servizi per poter giungere a dei risultati concreti e adesso grazie ai riscontri clinici fino ad ora ottenuti, alla casistica osservata ed all’esperienza, possiamo incamminarci in questo progetto di ricerca. Avrà una durata di 4 anni e mira ad ottenere i marcatori ed i parametri utili per garantire ‘la giusta terapia al giusto paziente’. Se, allo scadere dei 4 anni, non sarà così allora avremo fallito, ma sono molto fiducioso perché poggiamo già su basi solide per le quali devo dire grazie all’Università ed al Policlinico G. Martino e, oggi, anche al Governo centrale che, con il finanziamento di 3 milioni di euro, ha dimostrato un forte atto d’attenzione verso il territorio e soprattutto verso l’innovazione. Spero che anche la Regione Sicilia possa dare il suo aiuto per contribuire alla ricerca ed accrescere i risultati già ottimi. Basti pensare che, con i due posti letto dedicati, abbiamo già avuto 79 ricoveri in poco meno di 6 mesi, il 30% dei quali provenienti da svariate regioni d’Italia e dall’estero”.